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Il patrimonio artistico pubblico, l’incredibile vuoto di competenze e gli interessi privati

Martedì 26 Luglio 2016 — 10:47

Il Museo Civico «Giovanni Fattori», che ha oggi sede in Villa Mimbelli, fu inaugurato nel 1877 per custodire ed esporre le opere d’arte appartenenti alla città di Livorno. Nato grazie a importanti sottoscrizioni pubbliche – con le quali si acquistarono, tra l’altro, le due celebri battaglie di Fattori –esso si è poi notevolmente rafforzato, diventando una delle più importanti collezioni pubbliche di pittura italiana moderna.
Paradossalmente, tuttavia, il museo non ha mai avuto al suo interno uno storico dell’arte.
Questo incredibile vuoto di competenze è stato colmato nel corso del tempo in vario modo, soprattutto attraverso la collaborazione di artisti e storici dell’arte concittadini, che nei decenni centrali del secolo scorso andarono a formare un comitato scientifico: generosamente, ma con alterni risultati, essi aiutarono i funzionari del Comune a gestire le collezioni, a ordinare l’allestimento e a scegliere le nuove opere da acquisire.
In tempi recenti il comitato scientifico non è più stato nominato e le decisioni relative alla vita del museo sono state assunte dagli uffici comunali e dagli assessori alla cultura che si sono succeduti.
Oggi più che mai il museo civico livornese deve dotarsi non solo di un comitato scientifico, ma anche di uno storico dell’arte che svolga le funzioni di curatore delle collezioni e che sappia portare avanti un progetto di tutela forte, per garantire il futuro delle opere. I beni pubblici che si conservano nel museo civico rappresentano infatti una parte essenziale dell’identità culturale della città di Livorno. Tale assenza si farà ancora più pesante con l’apertura del nuovo Museo della Città all’interno del complesso degli ex Bottini dell’Olio (stimata ormai per il 2017) e peserà non poco sulla possibilità di inserire i nostri spazi espositivi all’interno della rete museale regionale e nazionale.
La penuria di risorse e il diffuso orientamento a trattare i temi della cultura in funzione economica, giocando sul concetto di valorizzazione dei beni culturali e sull’idea di usare la cultura per favorire il turismo (i due ambiti sono ambiguamente accoppiati nell’attuale Giunta), rischiano invece di indebolire irreversibilmente il patrimonio cittadino.
Il bilancio comunale riserva pochissime risorse al patrimonio artistico. Quel poco che arriva da anni è speso esclusivamente per realizzare mostre di poco conto o, peggio, per affiancare e garantire la funzionalità della struttura museale in occasione di mostre eterodirette, proposte al Comune da artisti o associazioni culturali.
In questo quadro già precario si inserisce anche l’ipotesi, più volte evidenziata dalla stampa cittadina nell’ultimo anno, di accogliere entro gli spazi del museo «G. Fattori» le opere di un collezionista privato come Carlo Pepi. Un’operazione che al momento non è certificata da alcun documento ufficiale (fatta eccezione per un rapporto passato dalla Giunta Comunale nell’ottobre 2015) ma che da molte parti si dice già in stato di grande avanzamento.
In questo senso ci chiediamo chi stia decidendo cosa. Quali sarebbero le eventuali condizioni economiche e gestionali di questa operazione? Chi selezionerebbe le opere? Con quale criterio e, soprattutto, con quale prospettiva di crescita per il museo stesso?
È sempre bene ricordare che da un’operazione simile le opere di una collezione privata uscirebbero indubbiamente valorizzate (mai tale parola assumerebbe significato più concreto), a discapito del patrimonio e delle risorse pubbliche.
Considerati i tanti punti interrogativi, ai quali cercheremo di dare risposta anche attraverso atti in Consiglio Comunale, oggi più che mai è necessario colmare questo vuoto di competenze per difendere ed arricchire il patrimonio artistico pubblico.

Gruppo Cultura #BuongiornoLivorno

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