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Caporalato, comandante di peschereccio ai domiciliari. Vada: in tre scoperti nelle stive, sanzionato comandante

Giovedì 7 Dicembre 2017 — 14:32

Agli arresti domiciliari un 46enne livornese. Le indagini partono nel giugno del 2016 quando un marinaio arruolato irregolarmente denunciò di essere stato costretto a gettarsi in acqua per evadere un controllo della capitaneria

Sono stati nascosti in stiva dal comandante di un peschereccio e, una volta scoperti dalla Guardia costiera, sono stati fatti passare per turisti. Sono i particolari di un’attività di controllo effettuata dai militari dell’Ufficio marittimo di Cecina a circa 2 miglia dalla costa di Vada che ha portato all’irrogazione di sanzioni per oltre 1.500 euro allo stesso comandante ed alla cooperativa armatrice di un motopesca della marineria di Castiglioncello, sorpreso durante l’attività di pesca con tre uomini di nazionalità albanese imbarcati irregolarmente. 25, 32 e 36 anni l’età degli extracomunitari arruolati da S.S. 40 anni della provincia di Livorno, il quale, alla vista dei militari in arrivo con la motovedetta ha subito tentato di occultarli facendoli scendere nelle stive dell’imbarcazione insieme al prodotto fino a quel momento pescato. A nulla sono valse le difese del comandante del peschereccio che i tre fossero dei turisti e che egli fosse in possesso di un’autorizzazione per imbarcarli. Il tipo di pesca effettuato, per il quale non è possibile avere a bordo persone diverse dall’equipaggio (pesca del rossetto) e, peraltro, la mancata annotazione sui registri hanno reso vane le sue giustificazioni. Oltre alle sanzioni previste dal codice della navigazione, che vietano l’imbarco di persone senza la dovuta annotazione sui documenti dell’unità navale, saranno valutate dalla Guardia costiera le ulteriori irregolarità che, come conseguenza dell’abusivo arruolamento, coinvolgono profili di carattere fiscale, contributivo, previdenziale ed assicurativo, oltre che di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Comandante ai domiciliari – Un comandante di un peschereccio, 46 anni livornese, è stato posto agli arresti domiciliari dal gip di Livorno a seguito di un’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice del tribunale di Livorno, effettuata la mattina di martedì 5 dicembre dai militari del comando provinciale dei carabinieri e della guardia costiera (clicca sul link in fondo all’articolo per guardare il video dell’operazione congiunta).
Il provvedimento di custodia e le indagini (coordinate dal pm Fiorenza Marrara), divulgate accuratamente in un incontro con la stampa svoltosi nella sala Mazzinghi della capitaneria di porto di Livorno, sono state effettuate a carico del 46enne Andrea Caroti, nome emerso e reso noto durante la conferenza congiunta carabinieri-guardia costiera, andata in scena alle 12 di martedì 5 dicembre.
Caroti, secondo quanto riportano gli inquirenti e stando a quanto scritto nero su bianco all’interno della nota ufficiale diramata alle redazioni, è accusato di aver costretto a gettarsi in acqua un cittadino senegalese di 23 anni arruolato abusivamente, per sfuggire ai controlli della guardia costiera. Al pescatore è stato contestato anche il reato di “caporalato”  (nella fattispecie “sfruttamento del lavoro”) poiché sistematicamente, secondo quanto raccolto dagli investigatori, avrebbe impiegato manodopera irregolare, composta da cittadini di vari paesi africani, sottoposti a condizioni di sfruttamento. Le accuse nei suoi confronti sono appunto “sfruttamento del lavoro”, “violenza privata”, “violenza o minaccia per costringere a commettere un reato”.

Le indagini – L’indagine aveva tratto origine da un salvataggio in mare, nel tardo pomeriggio dell’8 giugno del 2016, operato a favore di un cittadino senegalese di 23 anni nello specchio d’acqua del Calambrone a circa 500 metri dalla costa. L’uomo, salvato da un bagnino che si era accorto di lui vedendolo annaspare nell’acqua, nella circostanza raccontò allo stesso assistente bagnanti che per paura di un controllo della guardia costiera che in quel momento stava effettuando delle ispezioni, il comandante di un peschereccio, per il quale stava lavorando in maniera irregolare, lo aveva costretto a gettarsi in mare, pur consapevole che non avesse le capacità di nuotare per mettersi in salvo.
Dopodiché, il cittadino extracomunitario si era dileguato facendo perdere le proprie tracce.
Le indagini iniziali, condotte dalla guardia costiera, che nell’occasione era giunta poco dopo sul posto raccogliendo le dichiarazioni del bagnino e di alcuni testimoni, hanno consentito di riscontrare come veritiero quanto dichiarato dall’immigrato e grazie ai successivi accertamenti di identificare il responsabile del gesto, nella fattispecie il comandante e proprietario del peschereccio “Gionatan”, Andrea Caroti che nei giorni successivi, avendo saputo che il cittadino senegalese era stato convocato dalla Guardia Costiera per rendere dichiarazioni su quanto accaduto, “lo avrebbe minacciato ripetutamente – si legge nella nota – per costringerlo a non dire la verità”.
Le ulteriori indagini, svolte dal nucleo investigativo dei carabinieri e dalla guardia costiera, hanno fatto emergere un quadro probatorio a carico dell’indagato che dimostrerebbe come Andrea Caroti, per gli interessi della propria attività di pesca professionale, avesse effettuato “uno sfruttamento continuo, non solo del senegalese, ma anche di altri cittadini extracomunitari – si legge nella nota -per lo svolgimento di varie mansioni a bordo dell’imbarcazione”.
Le persone oggetto di questo comportamento sono attualmente sei quelle accertate, tutte di origini africane.
“Persone che avendo necessità di lavorare – spiegano in conferenza stampa carabinieri e guardia costiera – venivano costrette a turni massacranti, per un compenso di 10 euro al giorno ed una modesta quantità di pesce, offesi ripetutamente quando non eseguivano a dovere gli ordini”.

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