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Effetto Venezia 2016: perché i gazebo delle associazioni relegati in disparte?

Domenica 24 Luglio 2016 — 08:31

Effetto Venezia è la festa dei livornesi, uno dei pochi eventi che siano riusciti a travalicare le mura della città, per abbracciare un respiro ben più ampio. Perché Livorno è diversa, perché Livorno è un’eccezione nel panorama storico toscano, perché a Livorno ci sono i livornesi che già da soli basterebbero a giustificare il viaggio. A Livorno non è necessario esserci nati per essere livornesi, la nostra identità è prima di tutto culturale, sociale e politica, non etnica, perché da ogni nazione siamo venuti. Questo è Effetto Venezia, un’opera diffusa, organizzata, senza che ampi spazi siano lasciati al caos ma che, proprio per questo, non è solo un mercatino per chi è rimasto in città.

Effetto venezia è contaminazione, non omologazione. Purtroppo sembra che le cose stiano prendendo, anno dopo anno, una piega ben diversa. Il fatto in sé farà sorridere molti e farci dare dei “soliti comunisti” da parte di altri, ma è invece sintomo di un concetto sociale radicalmente diverso da quello che occorrerebbe alla città. Le decine di associazioni di volontariato, difesa dell’ambiente e degli animali, progresso sociale, integrazione e partecipazione, sono state relegate in un oscuro lato del fosso nuovo, ben lontane dalle vie più frequentate e visibili della manifestazione. Certo, evidenti ragioni commerciali ed organizzative avranno preso il sopravvento, ma non sarebbe stato meglio distribuire i loro gazebo sull’intera area? Associazionismo e partecipazione sono i pilastri della vita democratica che, prima di essere formalizzata nella libera espressione del voto, è sostanziale, e costituita dall’esercizio delle libertà che la costituiscono. Possibile che in tempi di individualismo e disaffezione alla cosa pubblica, anticamera di ben più gravi solitudini, si sia intrapresa questa strada?

Migliaia di livornesi dedicano il loro tempo a qualcosa che percepiscono ben al di là di loro stessi, e questo è un valore incalcolabile per la nostra democrazia. Non meritano di essere relegati in un recinto con i loro simili come fossero una specie in via di estinzione, ma di essere ben visibili tra una bancherella e l’altra. Sarebbe auspicabile che il neo assessore alla cultura, Francesco Belais, seppur certamente estraneo alla vicenda, potesse dare su questo alcune garanzie per la prossima edizione.

Il segretario della Federazione Livornese di Rifondazione Comunista
Francesco Renda

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