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Successo per Nabucco. Il regista: “Grande attenzione al libretto”

Lunedì 27 Novembre 2017 — 12:25

Parla Anselmi: "In quest'opera verdiana il popolo è protagonista con tanto di scontro religioso. Con la forma del tradizionalismo mi auguro che lo spettatore abbia effettuato un viaggio assieme agli artisti"

di Massimiliano Bardocci

Si è alzato il sipario con grande successo, nei giorni di venerdì 24 e domenica 26 novembre, della stagione lirica 2017/18 del teatro Goldoni di Livorno con la messa in scena dell’opera “Nabucco” di Giuseppe Verdi la prima importante creazione di questo musicista di Busseto e primo capolavoro della sua produzione patriottica nelle quali si incarnarono nel 1842 gli ardori indipendentistici del periodo risorgimentale. Andato in scena per la prima volta, alla presenza del maestro Gaetano Donizetti, al teatro alla Scala di Milano il 9 marzo 1842, il “Nabucco”, dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera, è tornato sulle scene livornesi, per la produzione della Fondazione Teatro Goldoni, dopo sedici anni di assenza (teatro La Gran Guardia  nel 2001) e al teatro Goldoni dopo quasi 130 anni( maggio 1888) con la direzione musicale del maestro Marco Severi, musicista emiliano di grande esperienza formatosi sotto l’egida di Riccardo Muti, la regia del giovane Matteo Anselmi, attore teatrale e di fiction televisive come “i Segreti di Borgo Larici”, e l’orchestra Sinfonica Città di Grosseto formata nel 1994 per volontà dell’Amministrazione Comunale della città toscana. Il cast era formato da giovanissimi cantanti lirici, maggiori voci verdiane del panorama internazionale provenienti alcuni dal progetto opera studio della Fondazione Goldoni, che hanno interpretato i ruoli a loro affidati con la massima professionalità mettendo in evidenza la propria capacità sia di cantante lirico che di attore di prosa seguendo i consigli del regista  che proviene proprio da questo campo teatrale; cantanti lirici ma anche  attori quindi fusi insieme nella stessa persona  che hanno ricevuto moltissimi applausi a scena aperta sia nel corso dell’esecuzione di brani solisti  o duetti durante l’opera che sia al termine dello spettacolo. Questi cantanti lirici, tutti giovani, hanno quindi dimostrato di avere una futura carriera artistica nel mondo della lirica. I protagonisti: Mauro Bonfanti (Nabucco), Giuseppe Raimondo (Ismaele), George Andguladze (Zaccaria), Dimitra Theodossiou (Abigaille) soprano greco  che appena terminate le recite livornesi andrà a New York a ritirare un premio intitolato a Maria Callas, Laura Brioli (Fenena), Alessandro Ceccarini (il Gran Sacerdote di Belo), Federico Bulletti (Abdallo), Valeria Filippi (Anna).
Anche l’orchestra Sinfonica Città di Grosseto, a volte con toni troppo forti da sovrastare il tutto, era formata da giovani orchestrali diretti con molta passione e maestria dal direttore Marco Severi che dopo l’esecuzione dell ‘ouverture  ha chiesto al pubblico, che già applaudiva, di  effettuare un ulteriore applauso agli  stessi orchestrali. Di rilievo e di grande importanza il Coro Lirico Livornese diretto da Flavio Fiorini che  è quasi sempre in scena e che naturalmente ha ricevuto un applauso grandissimo dopo l’esecuzione del “Va Pensiero”. Semplici ma ben adatte le scene della cooperativa Francesco Tamagno di Torino così come i coloratissimi costumi della Fondazione  Teatro del Maggio Musicale  Fiorentino e  i giochi di luci che hanno dato  quasi l’impressione allo spettatore di essere vicini ai protagonisti del dramma lirico verdiano. Insomma possiamo dire che dopo 130 anni il “Nabucco” è tornato al teatro Goldoni con  grande successo.

Matteo Anselmi ci parli della messa in scena di questo “Nabucco” la cui regia porta la sua firma.
Che emozioni ha provato a portare in scena al Goldoni dopo 129 anni quest’opera verdiana?
“E’ un piacere per me essere a Livorno in questo bellissimo teatro- racconta Anselmi– Il Nabucco al quale il pubblico del Goldoni ha assistito, è uno spettacolo che si ispira totalmente alla tradizione in cui il lavoro e lo studio che ho fatto con i cantanti è un lavoro in cui si è cercato di indagare su quello che realmente l’autore voleva trasmettere  nell’epoca in cui ha composto quest’opera. Una particolare attenzione, provenendo io dalla prosa, l’ho rivolta alle parole del libretto perché poi la musica deve essere fusa con la massima interpretazione che gli stessi cantanti lirici  devono dare ad ogni singola frase pronunciata dal proprio personaggio. Un grande cantante si vede quando interpreta e non che canta e basta altrimenti assisteremo  solo a concerti e non ad un’opera lirica. In questo Nabucco ho l’onere di lavorare con grandi interpreti della lirica e dei grandi attori di cui ho apprezzato molto la propria capacità di capire le atmosfere in cui si svolgono le scene  di quest’opera verdiana dove il popolo è protagonista con tanto di scontro religioso. Con la forma del tradizionalismo mi auguro che lo spettatore abbia effettuato un viaggio assieme agli artisti sentendosi più vicino a Nabucco”.

In questo periodo è riuscito a coordinare il lavoro di attore con quello di regista?
“Credo di si. Bisogna sempre attingere da ogni competenza che ognuno fa nella propria vita ma anche da quello che succede cinque minuti prima di iniziare una prova perché l’umanità è una delle componenti fondamentali di quest’opera e se non ci mettiamo umanamente predisposti per fare un lavoro di questo genere  e attingere dalle proprie provenienze  credo  che sia come se rimanesse qualcosa in sospeso. Quindi io penso assolutamente di esserci riuscito”.

Uno dei suoi autori preferiti è Shakespeare, con tutti i propri personaggi, come mai ha scelto di fare la regia di un’opera lirica e non di un testo teatrale del drammaturgo inglese?
“Sono reduce da un Machbeth dove si fonde prosa e lirica in un unico spettacolo e quello che posso dire è che io ho trovato in Verdi molto Shakespeare, esiste Shakespeare e esiste Verdi, e credo che il musicista di Busseto avendo avuto modo di conoscere le opere shakesperiane successivamente si sia anche ispirato per la complessità dei personaggi che racconta e per le trame sempre articolate  a questo autore inglese. Penso quindi che fra i due ci sia affinità”.

 

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