“Non riesco a smettere di pensare a quell’incontro inatteso”
Daniele Massei, docente di Lingue e Cultura Tedesca al Liceo Cecioni, pianista e autore di diverse pubblicazioni
Prof. del Cecioni incontra una signora in sedia a rotelle tra via Marradi e viale Mameli e decide di accompagnarla per un tratto di strada. "Con orgoglio, googlando, ho poi letto che il Comune ha avviato un piano per eliminare le barriere architettoniche da tanti marcipiedi. Spero ci siano sempre più interventi di questo tipo perché felicità e benessere sono un diritto di tutti. Grazie, non è stato un martedì qualsiasi"
La lettera di Daniele Massei, docente di Lingue e Cultura Tedesca al Liceo Cecioni, pianista e autore di diverse pubblicazioni, riguardo un incontro “speciale” all’incrocio tra Via Marradi e Via Goffredo Mameli.
Per me il martedì è un giorno qualsiasi. Porto i miei figli a scuola, vado in palestra e poi torno a casa, dove mi preparo per andare a insegnare Lingua e Cultura Tedesca al Liceo “Francesco Cecioni”. Livornese io non sono. Se preferite, lo sono d’adozione. Vengo dalla Versilia e mi sono trasferito nella città labronica, dove, per l’appunto, vivo, lavoro e ho messo su famiglia perché mi sono innamorato di una bellissima ragazza livornese. Ne ho passati tanti di martedì in questo porto franco. Tutti uguali, l’uno all’altro. L’ultimo, però, ho avuto un incontro inatteso. Al semaforo all’incrocio tra via Marradi e via Goffredo Mameli incontro Lotte. Per motivi di privacy la chiamerò così. Come la Charlotte Buff di cui si innamorò Goethe a Strasburgo. Come il corrispettivo personaggio letterario che l’autore di Francoforte sul Meno plasma ne I dolori del giovane Werther. Lotte si presenta con un sorriso dolce. Mi viene incontro sulle strisce pedonali su una sedia a rotelle. Cerca di salire sul marciapiede, ma non ce la fa. Mi permetto di chiedere se posso aiutarla e, senza vergognarsene, accetta. “Dove deve andare?”, mi viene da dire, così, spontaneamente. “Devo raggiungere Via Redi, ma ce la faccio da sola”. Chiedo ancora se ne sia sicura e risponde di sì. Faccio per andarmene, con il borsone in spalla, ma noto che ci sono piccole salite e discese e, insomma, spingere a mano la sedia a rotelle non è semplice, serve tanta forza. Ecco che, senza più chiedere, mi decido ad accompagnarla. Così può rifiatare. Così possiamo conoscerci. “Ma lei mi sta veramente portando là?”. “Si figuri, non è niente di che”. “Lei mi sta portando là e non l’ho nemmeno vista in volto”. Ridiamo e la cosa rompe il ghiaccio. Ascolto con attenzione e intanto fatico. “Ho chiesto una sedia a rotelle elettrica, ma i tempi di attesa sono più lunghi di quanto si pensi”. Il nostro tempo, però, è scaduto. Giro in Via Redi e, lungo il marciapiede, il percorso per raggiungere la farmacia dove mi chiede di lasciarla, non è certo lineare. Solo in quell’istante ci guardiamo negli occhi. Lotte mi ringrazia e mi augura buona vita. Tra noi c’è una luce che mi pare poesia e mi fa sentire piccolo per tutti i problemi della vita che sento grandi, ma che in realtà non lo sono. La invito a stare attenta per strada e torno a casa. Dove non riesco a smettere di pensare a questo incontro. Vado su Google. I miei studenti, se mi vedessero, direbbero che sto googlando. Con orgoglio e piacere, leggo che proprio dal gennaio di quest’anno il Comune di Livorno, che ringrazio, ha avviato interventi PEBA, ossia un Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche che riguardano tante strade e tanti marciapiedi della città. Il pensiero si gonfia di speranza affinché ci siano sempre più interventi di riqualificazione di questo tipo. Ma il pensiero vola anche a tutti gli angeli che, magari guadagnando poco, sicuramente meno di quanto meriterebbero, aiutano persone come Lotte. Credo che una città inclusiva e rispettosa sia un’opportunità per conoscere noi, esseri umani che in questa fase storica viviamo troppe guerre, e per realizzare il sacrosanto diritto che la felicità e il benessere valgono per tutti. Indistintamente. Credo che questo sia il primo passo per la democrazia, per quello stare insieme democraticamente che, noi docenti, ancor prima che tramite Educazione Civica, siamo tenuti a dare con il buon esempio ai giovani. Stasera ho messo a letto i miei figli e, osservandoli mentre si addormentavano, ho pensato: “Grazie, Lotte, non è stato un martedì qualsiasi”.
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