All’associazione Don Nesi il ricordo dello scrittore Carlo Coccioli
l’associazione Don Nesi, con il suo animatore Stefano Romboli, ha chiamato a confrontarsi due esperti di letteratura, Giorgio Bernard ed Antonio Celano, nonché il giornalista Marco Ceccarini, che Coccioli conobbe ed intervistò a più riprese
Rendere la figura di Carlo Coccioli alla città di Livorno, dove nacque nel maggio 1920. Questo è stato il senso dell’iniziativa che si è svolta in Corea per volontà dell’associazione Don Nesi. Quest’anno è caduto il ventennale della scomparsa di Coccioli, avvenuta a Città del Messico nell’agosto 2003. Così l’associazione Don Nesi, con il suo animatore Stefano Romboli, ha chiamato a confrontarsi due esperti di letteratura, Giorgio Bernard ed Antonio Celano, nonché il giornalista Marco Ceccarini, che Coccioli conobbe ed intervistò a più riprese quando, alla metà degli anni Novanta, prese casa sugli scali delle Ancore, nel rione della Venezia, per tentare un improbabile ritorno nella città in cui nacque e visse l’infanzia. Doveva essere presente anche l’assessore alla Cultura del Comune di Livorno, Simone Lenzi, già curatore di un’edizione italiana di “Documento 127”, ma impegni istituzionali lo hanno trattenuto altrove.
Il Rotary Club Livorno, in sala con il past present Gianluca Rossi, è in accordi con il Comune per dedicare allo scrittore una targa al Famedio di Montenero. Entro breve la commissione Toponomastica esaminerà la proposta.
Omosessuale, padre adottivo di Javier che vive in Messico, partigiano e medaglia d’argento al valore militare, capace di scrivere in italiano, francese, spagnolo e traduttore di sé stesso, da bambino Coccioli seguì il padre Attilio, ufficiale dell’esercito italiano, in Libia, dove trascorse l’adolescenza. In seguito tornò in Italia con la madre Anna, prima a Firenze e poi a Fiume per motivi di studio, ma la seconda guerra mondiale interruppe i suoi progetti. Dopo l’armistizio si unì alle formazioni partigiane sull’appennino Tosco-emiliano. Catturato dai tedeschi, evase dalla prigione di Bologna. Questo gli valse la medaglia al valore militare.
Nell’immediato secondo dopoguerra, si laureò in Lingue e letterature araba ed ebraica all’Istituto orientale di Napoli. A questo periodo risalgono le prime esperienze letterarie che lo portarono nel 1952 alla pubblicazione a Parigi del romanzo “Fabrizio Lupo” che fece grande scalpore per la rivelazione da parte del protagonista, un cattolico, della sua omosessualità. Coccioli fu costretto ad abbandonare l’Italia e poi la Francia per trasferirsi in America Latina e negli Stati Uniti prima di scegliere definitivamente il Messico, dove scrisse le sue opere più importanti, da “David” nel 1976, col quale conquistò la finale del Premio Campiello in Italia, a “Piccolo karma” nel 1987 a “Budda” nel 1990, secondo quella ricerca di Dio che lo ha portato a passare dal Cattolicesimo all’Ebraismo all’Induismo e infine al Buddismo. Tradotto in una ventina di lingue del mondo, è più conosciuto in America Latina e in Francia che in Italia, come ben dimostra il fatto che il suo nome, a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso, dal Messico è stato più volte proposto per il premio Nobel della letteratura. Adesso, però, iniziative come svolta in Corea, dove alcune esponenti del circolo Letture ad Alta Voce hanno anche recitato alcuni brani tratti da opere coccioliane, possono aiutare il recupero culturale ed umano di questo scrittore.
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