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Martingala, il mito degli Scarronzoni in “Otto con”

Martedì 19 Luglio 2022 — 11:43

Lettura drammatizzata di Luca Salemmi tratta dal libro di Simone Fulciniti “Spagna ‘82” nel quarantennale della vittoria mondiale

Uno dei luoghi più belli e amati dai livornesi, una struttura sportiva tornata a vivere nel 2021 dopo quasi sei anni di chiusura, un ippodromo intitolato al più importante rivoluzionario dell’equitazione moderna e primo idolo sportivo amato dalle folle: il livornese Federico Caprilli. Tutto questo insieme ci ha portati a pensare Martingala 2022 come una manifestazione dedicata quest’anno a narrazioni teatrali ispirate a personaggi di notorietà assoluta, a eventi epocali per il nostro Paese, ma anche a piccole storie, vicende umane esemplari, talvolta tragiche, spesso popolari, tutte collegate da un solo ed unico filo rosso: lo sport. Una scelta condivisa e sostenuta da questa amministrazione per le implicazioni ideali che comporta, visto il contesto in cui si svolge la manifestazione. E così il sottotitolo di Martingala 2022 diventa, non a caso, Lo spettacolo dello sport. Sì, perché quando lo sport – spettacolo esso stesso – viene messo in scena, riesce ad amplificare quanto il teatro è già preposto a fare: indagare, per tentare di coglierla, la natura dell’uomo, capirne le debolezze, analizzarne le scelte, la voglia di riscatto, stigmatizzarne la ferrea volontà di difendere principi imprescindibili. Che altro non sono che gli ingredienti di base dei più grandi racconti teatrali di tutte le epoche: da Euripide a Shakespeare, da a Molière a Pirandello.

MERCOLEDI’ 20 LUGLIO

PURA ELEGÃNCIA

La favola di Socrates nella Fiorentina

di Marco Caldoro e Antonio De Gregorio con Marco Caldoro musiche di Erika e Manuel Petti regia di Antonio De Gregorio

Che la profezia sia compiuta. Nel 1983 il calciatore poeta Sòcrates Brasileiro aveva sentenziato, come faceva spesso, durante un’intervista. La domanda era ambigua. ‘Sòcrates, visto che a te piace parlare della vita, oltre che del calcio, come vedi la tua morte?’ e lui, col suo disordine espressivo ma creativo, disse ‘Non lo so, mi piacerebbe solo poter morire di domenica e col Corinthians campione.’ Quella strana profezia si avverò, dando origine ad un giorno triste, ma così felice. È il 1970. Il popolo brasiliano è in subbuglio ma non per la partita, o meglio, non solo per la partita. Il governo brasiliano ha speso tantissimo per una campagna pubblicitaria ambigua, in quei mesi che anticipavano i mondiali. Fumo negli occhi, quella era la tecnica del presidente per nascondere le sparizioni dei suoi avversari politici. Davanti a quella tv c’era anche il giovane Socrates, ammutolito a guardare il suo mito Pelè segnare l’ultimo gol prima della vittoria. Ammaliato dalla sua poesia, ma anche disturbato dal suo silenzio.

In uno spettacolo che cammina in bilico tra la carnevalesca samba e la leggerezza degli ideali del Tacco di Dio, ripercorreremo la storia di un giocatore prezioso e resistente, che ha rivoluzionato la storia di una squadra, ma anche di un paese, sperimentando una delle più importanti forme di resistenza al governo militare di Pires, la “Democracìa Corinthiana”. Il pretesto quindi, per raccontare la politica di un paese anche attraverso le musiche che ne hanno accompagnato le ascese e le discese. Non tengo tanto ad essere campione quanto un uomo democratico, anzi, un brasiliano democratico. La favola della vita di Socrates, con le sue pieghe, disimpegnate ma comunicative, sarà raccontata in uno spazio indefinito, quasi sospeso, sulla vita di un uomo che ha fatto del calcio e della democrazia le sue motivazioni portanti. I monologhi, poetici e popolari, accompagnati dalla musica più popolare e iconica brasiliana, tra il choro e la samba, saranno la scanzonata barca nel mare della vita del calciatore più controverso della storia.

Antonio De Gregorio

VENERDI’ 22 LUGLIO

SPAGNA ‘82

lettura drammatizzata di Luca Salemmi tratta dal libro di Simone Fulciniti “Spagna ‘82” nel quarantennale della vittoria mondiale

«Prendo una decisione irrevocabile: da quel momento vedrò tutte le partite a casa mia e questo, indubbiamente, ci porterà in carrozza alla finale di Madrid». Parole sincere e innocenti di un ragazzo di undici anni che si trova a vivere il suo primo mondiale da protagonista, con la sfacciata presunzione tipica dei ragazzi che pensano di poter cambiare il corso degli eventi coi loro piccoli gesti. La storia di uno dei mondiali più tormentati e allo stesso tempo indimenticabili per la nostra nazionale viene raccontata in prima persona dall’autore, che ricorda il crescendo rossiniano vissuto dai ragazzi del “Vecio” (l’allenatore Enzo Bearzot) in quell’estate del 1982. Una corsa a tappe che si conclude con quelle tre parole, pronunciate dal mitico telecronista Nando Martellini. Parole che ancora oggi fanno vibrare il cuore: Campioni del Mondo!

La seconda parte del libro è senza dubbio quella che suscita più curiosità nel tifoso, che si ritrova di fronte ad una serie di episodi che hanno reso unico e indimenticabile il Mondiale di Spagna ‘82. Dalla grottesca invasione dello sceicco del Kuwait per fare annullare un gol, alle storie sfortunate di calciatori sconosciuti ai più come Enrique Castro Quini, Victor Canov e Ludo Coeck. Capitolo a parte merita il racconto dell’avventura della piccolissima nazionale di El Salvador, arrivata quasi per caso a quel mondiale ma rimasta nella mente di tutti, grazie anche al “magico” Jeorge Alberto Gonzalez e alla sua idea di considerare il calcio come un semplice divertimento. Di libri sul mitico Mundial ne sono stati pubblicati tantissimi e di tutti i tipi. Tuttavia, Simone Fulciniti riesce in ciò che non tutti i suoi predecessori erano riusciti, ovvero sintetizzare ciò che più interessa ad ogni appassionato di calcio e della nazionale azzurra. Da un lato il racconto del cammino dei ragazzi di Bearzot fino alla mitica finale dell’11 luglio 1982. Dall’altro una serie di aneddoti e interviste che riescono a fare immergere anche i più giovani nella magica atmosfera vissuta in quell’estate dal popolo italiano.

SABATO 23 LUGLIO

OTTO CON

di Gabriele Benucci

con Fabrizio Brandi

Otto è il nome con cui, nel gergo del canottaggio, si indica l’imbarcazione da gara con otto vogatori più timoniere a bordo: otto remi poggiati su scalmi aggettanti, diciotto metri di lunghezza per sessanta centimetri di larghezza. La più grande, la più difficile, la più ambìta da tutti i vogatori, perché saliti lì sopra bisogna diventare una squadra: una sola anima, un solo cuore, un solo battito di remo nell’acqua. È questo che riuscirono a essere gli Scarronzoni, l’Otto più famoso della storia sportiva italiana di tutti i tempi: dodici volte campioni nazionali, due volte campioni europei e soprattutto altre due volte vicecampioni olimpici a Los Angeles nel ’32 e a Berlino nel ’36. Tutti livornesi, tutti scaricatori di porto, manovali, operai, Risi’atori: quegli equipaggi che facevano a gara, a forza di remi, per toccare per primi i mercantili in arrivo e sbarcarne il carico; gli stessi che poi erano pronti a infilarsi tra le onde quando c’era da salvare qualche nave.

Erano così anche gli Scarronzoni: generosi, sfrontati, possenti. Tanto da vogare solo di forza, senza troppa attenzione alla tecnica e finire per “scarrocciare”, almeno agli inizi della loro avventura sportiva: da cui il nome irriverente ma simpatico che alludeva al loro procedere non sempre rettilineo e che rimase loro addosso per sempre. Otto Con è uno spettacolo teatrale che narra la vera storia degli Scarronzoni attraverso la storia ideata di Cesare Milani: il “con” dell’Otto Con, il timoniere di sempre dell’armo livornese. Alter ego dell’allenatore sulla barca, per vent’anni guidò gli Scarronzoni nelle loro numerose vittorie. Anche in quelle mancate di un soffio, ma che vittorie furono comunque per questa squadra di “ragazzoni del popolino, sempre abbronzati perché a lavoro tutto il giorno sotto il sole, che la cosa più elegante che avevano da mettersi era una camicia sdrucita e un paio di pantaloni con le pezze al culo”, per dirla con le parole di Cesare in scena. Una squadra che, però, lottando anche contro la federazione italiana – favorevole a più aristocratici e ricchi circoli di canottaggio -, arrivò a giocarsela alla pari e persino a sconfiggere blasonati equipaggi di vogatori, provenienti da Oxford e Cambridge. Ma gli americani no. Con loro non ci fu verso. Due centesimi di secondo a Los Angeles e sei a Berlino divisero per sempre gli Scarronzoni dalla barca statunitense e dalle medaglie d’oro olimpiche; seppure col dubbio irrisolto di un intervento sul negativo del fotofinish di Los Angeles.

In scena un attore solo per un solo personaggio: Cesare Milani. E’ attraverso i suoi occhi e le sue parole che vediamo e ascoltiamo una storia che va al di là della semplice impresa sportiva. In Otto Con, infatti, c’è anche e soprattutto il racconto di una dedizione infinita alla propria passione, c’è – proprio per questo – quello di una storia d’amore fallita, della lotta per raggiungere un obiettivo contro ogni ostacolo, di uno scontro tra classi sociali. Il tutto proiettato sullo sfondo di miseria e sconforto che accompagnò la Grande Crisi del ’29 fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Per questo, in Otto Con le passioni personali, di coppia o di squadra, alla fine si stemperano dentro a quelle comuni ad un intero popolo in cerca della propria affermazione sociale e morale.

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