Zeb, tra sogno lucido e vita vissuta. Lara Gallo fa rivivere il mito dell’artista che “parlava co’ muri”
Magistrale interpretazione dell'attrice Lara Gallo che sul palco si trasforma in David Fedi, per tutti Zeb. Uno spettacolo onirico ma anche tangibile, fatto di storia vissuta e di suggestione tra mito, arte e mistero di un artista scomparso troppo presto dalle scene
Ci vuole coraggio per essere Zeb. Ci vuole coraggio a sfidare la notte, a sfidare i muri, l’ipocrisia della Critica. Ci vuole coraggio ad essere un uomo invisibile. E sparire. Ci vuole coraggio anche per sparire. Creando un mistero. Sparire per creare la presenza. Una presenza fatto di mito che si interseca con la realtà e che sconfina spesso in suggestione. La versatile e bravissima Lara Gallo sul palco, davanti al pubblico sold out di Villa Trossi, fa rivivere il sogno lucido di David Fedi, per parenti e amici solo Davi, per tutti Zeb. Zeb il graffitaro, Zeb l’artista, Zeb il Diabolik livornese. Ma chi Zeb? Quello che parla co’ muri. Si proprio lui.
Sotto la regia di Francesca Bianchi e Franca Pirina l’attrice porta sul palco la storia e una “biografia inventata” scritta dalla visionaria mente di Viola Barbara e magistralmente interpretata in una notte di fine estate in uno degli ultimi appuntamenti in cartellone di Estate a Villa Trossi.
Zeb viene riproposto al pubblico in tutta la sua fragilità, in tutto il suo essere uomo e artista, fratello, zio e figlio. Ma anche sportivo e amante del cinema, fan di Diabolik, pittore e writer. Sul palco Lara Gallo è funambolica, trasformista, fisica e surreale. Crea un ritmo incessante per oltre un’ora di spettacolo e narrazione in cui lo spettatore si lascia cullare dall’onirico e dal tangibile. Si ride, si riflette. E ci si commuove anche.
C’è l’ispettore Ginko che entra in scena sostenuto da un ritmo dance e camuffato con impermeabile e barba. Ti prenderò, non ti prenderò. Non voglio trovarti. È la Critica. È il mondo dell’Arte. È la Società. È un’inchiesta chiusa e mai riaperta. È la speranza che David Fedi sia ancora vivo.
Il mare restituisce sempre il corpo. Ho bisogno di vederti per crederti morto. No, non sei morto.
E poi c’è Eva. Un’Eva qualsiasi. L’amore. Una donna, La donna, la Sua donna, Le sue donne. Una parrucca bionda. Chissà. Un grosso chissà condito di bombolette e scritte sui muri. Quelle più famose, quelle storiche. Ci sono i competitors, i rivali graffitari dei tempi andati come Pijao Jack. C’è uno spaccato di Livorno fatto da galleristi e underground, di murales e arte “seria” quella composta, quella di New York. E poi c’è il sentimento. Quello di una mamma che vorrebbe riabbracciare il figlio, di una sorella che vorrebbe mandarlo a fanculo per tutto il tempo che lo ha preoccupata. Di un uomo invisibile che è scomparso. C’è un cappuccio nero nella notte e il rumore di una bomboletta. C’è Zeb. E ci sarà sempre. Per tutti noi e per chi avrà voglia ancora di leggere quelle sue scritte sul muro.
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