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FABI: “Serve un cambio di rotta che rimetta la tutela della vita al centro”

Giovedì 22 Settembre 2016 — 17:00

Il paragone è purtroppo scontato: Orwell con il suo romanzo “1984” dove, per esempio, il Ministero della Guerra si chiamava Ministero dell’Amore, non solo ci ha azzeccato alla grande, ma anzi la sua visione del futuro era fin troppo rosea.
In questi giorni abbiamo appreso purtroppo notizie di ennesime morti nel mondo del lavoro e non solo.
A Piacenza un operaio rimane ucciso sotto un camion sembra durante una manifestazione con picchettaggio, per protestare contro le disumane condizioni di lavoro, all’Ilva di Taranto un operaio muore schiacciato da un rullo…
Ieri, nella metropolitana di Roma, un uomo viene pestato a sangue e finisce in coma , per aver detto a due giovani che lì non si può fumare – e nessuno dei presenti si muove in sua difesa….
Vogliamo in primis esprimere solidarietà alle famiglie delle vittime di questi episodi.
Facciamo nostre le dichiarazioni del sindaco di Napoli, l’ex magistrato Luigi De Magistris, “queste morti non possono essere considerate solo degli incidenti. Sono morte sintomatiche del deterioramento del lavoro tutto. Del continuo svilimento delle condizioni di lavoro e dei rapporti tra lavoratori, sindacati, aziende e istituzioni.
Il promuovere continuamente provvedimenti atti a svilire e rendere precario il lavoro, il continuo dileggio da parte di tutti i governi che si sono alternati negli ultimi decenni di vertenze e organizzazioni sindacali, non fa che determinare un drammatico scollamento e una guerra sociale nella quale si arriva a morire.
Queste morti sono frutto di un pericoloso deterioramento dei rapporti fra persone e istituzioni, sia nel mondo del lavoro che nella società in generale e devono far riflettere tutto il mondo del lavoro e tutta la politica.

Serve un cambio di rotta radicale che rimetta la tutela della vita e della salute dell’uomo e il lavoro al centro di ogni singola iniziativa.
La Costituzione afferma che l’Italia è una Repubblica democratica che si fonda sul lavoro. Ma le fondamenta reali dei governi liberisti sembrano sempre più intrise di sabbia”.
La maggior parte di noi ha ormai paura di fare, di dire, di affermare, di difendere.
Ci lamentiamo, ci arrabbiamo sui Social, in privato, ma il sentimento che prevale è la rassegnazione.
Siamo orami caduti nel tranello, per cui anziché chiedere che i diritti esistenti vengano estesi a tutti, chiediamo che siano tolti a chi li ha, e non li chiamiamo più diritti, ma privilegi, snaturandone la sostanza e dimenticando che quei diritti esistono perché conquistati a prezzo di dure battaglie e sacrifici.
Non teniamo conto che la diminuzione, l’assenza di tutele uccide, non solo fisicamente, come nei casi più eclatanti che salgono alla ribalta dei mezzi di informazione, ma uccide anche moralmente, portando appunto alla rassegnazione e alla depressione, sempre più diffusa in tutte le categorie.
Dobbiamo cominciare a ripensare, realmente, il valore di concetti quali produttività, crescita, PIL.
Dobbiamo cominciare a prendere atto che il mondo è rotondo e con limiti ben definiti e non un Pozzo di San Patrizio.
Dobbiamo risvegliare dentro di noi la capacità di indignarci profondamente davanti a queste situazioni.
Dobbiamo prendere coscienza che, mentre noi stiamo lasciando andare i diritti in essere, non esercitandoli per pavidità, perché è difficile, ci sono invece persone che lottano per ottenerli e che ne pagano le conseguenze e che queste persone sono generalmente gli ultimi, sono coloro che spesso vengono additati , in questa lotta fra poveri, come i colpevoli dei mali della nostra società ormai inchinata solo davanti all’altare del Dio Interesse.
Dobbiamo convincerci che il cambiamento comincia prima di tutto dentro noi stessi, ognuno di noi deve fare la sua parte e deve farla nel miglior modo possibile: indigniamoci ma soprattutto cominciamo ad agire.

Livorno, 20/09/2016
FABI – s.a.b. di Livorno

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