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Maurizio Vaselli, il suo argento a Roma ’60 e la sua Giulietta Spider rossa

Lunedì 14 Giugno 2021 — 19:28

“Curletto, Vaselli, Curletto, Vaselli…si alternano con la regolarità di un metronomo sul quadrante del campionato italiano assoluto di fioretto maschile”, così scriveva il celebre giornalista Filogamo sulla rivista Scherma nel 1963 consacrando Maurizio Vaselli come una stella di prima grandezza nel firmamento nazionale di questo sport. Quell’anno i campionati si tenevano a Roma e si era tornati alla prova unica dopo l’esperienza delle tre prove e Vaselli aveva trionfato, letteralmente, al termine di un torneo massacrante terminato a notte fonda. Mai, credo, come in quell’occasione avevo visto la sua prestanza fisica dispiegarsi con una potenza che non lasciava scampo agli avversari, supportata com’era da una tecnica schermistica quale solo il maestro Perone sapeva trasmettere ai suoi allievi. E in questa alternanza di vittorie non si poteva non leggere una supremazia del fioretto labronico in quegli  anni, supremazia che non si esauriva nei due nomi di apertura ma che si nutriva di altri atleti, uno per tutti “Carlino” Montano, destinato a raccogliere poco dopo il testimone da loro. Cresceva nel frattempo la sciabola che avrebbe portato all’apoteosi di Monaco ’72 con la medaglia d’oro di una squadra in cui tre componenti su quattro erano livornesi.

Maurizio dunque, già protagonista nella categoria Giovani dal 1958, era poco dopo approdato alla squadra olimpica che nel 1960 si aggiudicò a Roma la medaglia d’argento, soddisfazione che portò nel cuore per molti anni. D’altra parte non amava parlare dei suoi trascorsi sportivi: avrebbe potuto percorrere la strada dell’arbitraggio o della carriera tecnica ma non volle mai fare ritorno all’ambiente schermistico in cui aveva giocato un ruolo da protagonista. Livornese nell’anima e nel fisico, aitante e spavaldo, a lui bastava la famiglia e i pochi selezionati amici per sentirsi pienamente realizzato. Lo ricordo molto bene sulla sua Giulietta Spider rossa percorrere ammiratissimo le strade della nostra città, eppure sempre capace di autoironia, ironia che esercitava anche sugli altri e soprattutto sui compagni di squadra. Il suo sorriso beffardo non abbandonava mai il suo volto e la sua simpatia era contagiosa. Nel 1963 prima dei Mondiali di Danzica dovevamo recarci agli allenamenti collegiali a Cutigliano e mi passò a prendere con la mitica Giulietta; purtroppo arrivati a destinazione, anziché destare l’ammirazione degli amici già sul posto, trovammo Aldo Montano, consigliere della Federazione e responsabile del raduno, che non gradì affatto l’ostentazione e ci redarguì alla sua maniera… ruvida. Maurizio ci rimase male ma io più di lui data la soggezione che avevo dello zio Aldo cui non potemmo ribattere granché.
Caro Maurizio se in paradiso si potesse andare in auto tu saresti sfrecciato fra le nuvole con la tua Giulietta rossa.

Paolo Miccoli

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