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Pini a Stagno: ecco perché non è giusto abbatterli

Venerdì 30 Agosto 2019 — 15:42

Via della Costituzione, Stagno, frazione del Comune di Collesalvetti. Una pineta a pino domestico, perché di questo si tratta, costituita da piante giovani (appena cinquantenni!) che per lo più sono radicate in un’area in parte asfaltata (ed è solo qui che si osservano i sollevamenti, la natura insegna!), è stata smembrata senza giustificazione di un esperto (chiamato in un secondo momento per giustificare gli ulteriori e prossimi tagli). La perizia svolta dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali è giunta alla conclusione che le piante non sono malate, ma che dal punto di vista biomeccanico sono per lo più pericolose e quindi quelle che rimarrebbero possono essere abbattute come le altre! Ma quelle che sono state abbattute com’erano? Se non erano da abbattere (e i fusti e le branche parlano chiaro! Erano sane!) forse il numero di quelle da mantenere sarebbe stato congruo per il loro mantenimento (il dubbio rimane).
Inoltre, i pini ancora in piedi hanno un’altezza di appena 10-12 metri e non di 15 metri come misurato dagli esperti (nelle schede delle singole piante tale misura non è riportata! Perché?). Si può quindi far notare con semplici calcoli di biomeccanica degli alberi che, a parità di dimensioni del fusto (es. 60 cm di diametro), il fattore di sicurezza di base di un albero alto 15 metri è superiore a 1,5, ma se la sua reale altezza è di 12 metri (appena 3 m più basso) il suo fattore di sicurezza raddoppia (3,3) perché logicamente l’azione del vento sulla chioma si riduce drasticamente. E questo è solo uno dei punti a favore delle piante in questione.
Le ragioni degli abbattimenti (piante in classe D) stanno tutte nell’inclinazione estrema (ma 15° o 19° di inclinazione non sono nulla se la pianta ha un fusto arcuato o sciabolato ed è cresciuta così!), stesso discorso per le piante con fusto biforcato: se c’è corteccia inclusa (di che entità? È stata misurata?) è possibile consolidare le due branche, supposte pericolose di scosciamento, con cavi statici! Non si abbattono le piante per questi motivi, soprattutto se si dà una valutazione del gruppo, dell’insieme. Piante sane, basse (10-12 m di altezza non sono niente per la specie Pino domestico) e in gruppo hanno chiome che si proteggono le une con le altre e soprattutto le piante interne possono essere facilmente dominate dalle esterne e crescere più stentate ma non per questo sono pericolose, anzi sono le più protette! Con sesto di impianto di 7 m x 7m le chiome non possono crescere più di 7 metri di diametro, quindi è impossibile sostenere che le chiome sono ridotte e quindi le piante sono stentate, lo spazio disponibile è quello! Basterebbe una rimonda dal secco di tutte le chiome per vederle vegetare correttamente (osservate quelle già potate che costeggiano ancora il parcheggio della piazza Donatori del Sangue!).
Altro aspetto fondamentale, che ha portato all’abbattimento per la riqualificazione, è quello delle radici affioranti e sollevanti. Come tanti sanno (o forse no!?) il Pino è una delle poche specie arboree che mantiene il fittone per lungo tempo, a meno che non ci siano problemi di ristagno idrico o patologie radicali, e produce radici superficiali per respirare ossigeno e assorbire quella poca acqua che si deposita negli orizzonti superficiali del terreno con le escursioni termiche. Se la superficie viene asfaltata allora produce i noduli che sollevano il manto stradale e questo è ben visibile per i Pini di Via della Costituzione: sul lato asfaltato abbiamo radici e noduli affioranti e sollevanti, ma sul lato opposto, quello inerbito, non abbiamo pressoché nulla (le radici sono più profonde). Come è possibile valutare la tenuta degli apparati radicali alla forza del vento? Possiamo fare una prova di trazione controllata e valutare strumentalmente questa condizione. Il comitato di cittadini ha chiesto di poter effettuare queste prove, a proprie spese, ma il Comune non sembra rispondere, né tantomeno gli esperti chiamati sono propensi a farlo. Come mai?
Inoltre c’era una possibile soluzione (la natura insegna, basta osservarla!), da adottare prima del taglio sconsiderato? Basta(va) togliere l’asfalto nel tratto chiuso al traffico e mantenere il terreno inerbito o coperto da materiale naturale o comunque permeabile. Le soluzioni esistono e queste avrebbero potuto riqualificare l’area conservando una giovane, alta e ben strutturata, cortina verde che protegge (adesso in parte, fra pochi giorni non più!) dai venti marini, portatori di inquinamento dall’area portuale. Una volta abbattuti tutti i pini e ripiantati i piccoli alberi (lecci?) quanto dovranno attendere i residenti per avere di nuovo il polmone verde che li protegge (forse fra 40-50 anni raggiungeranno l’altezza e le dimensioni dei pini attuali).
È quindi sconcertante, o quanto meno contraddittorio, quanto scritto a conclusione della verifica speditiva V.T.A. degli esperti, dove si legge che le piante con propensione al cedimento non estremo (classe C) rappresentano un elemento di “ricchezza ambientale e naturalistica e di qualità della vita psicofisica delle persone”, ma poverine, essendo rimaste in poche (quelle già abbattute in che classe erano? Quelle da abbattere hanno davvero un apparato radicale che non le sorregge? Non è dato saperlo!) riuscirebbero ad apportare modesti servizi ecosistemici in termini di servizi ambientali… allora la domanda è: quale sarà l’apporto in servizi ecosistemici delle piccole piante che il Comune metterà a dimora? Nessuno ha fatto questa determinazione, ma provate a dare voi la risposta!

Prof. Agr. Fabrizio Cinelli, docente di Strutture verdi e paesaggio e di Ecologia del Paesaggio – responsabile del laboratorio di prove e prestazioni su alberi e legno in opera – DESTeC Ingegneria dell’Università di Pisa per il “Comitato per la tutela del verde pubblico e della fauna di Stagno”

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