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Arrestati marito, moglie e altre due persone

Martedì 28 Febbraio 2017 — 07:51

Le indagini delle fiamme gialle hanno individuato diverse irregolarità e hanno portato al sequestro preventivo di 640mila euro e di un fondo commerciale

Nella giornata del 28 febbraio, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Livorno, su ordine della Procura della Repubblica labronica, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza – emessa dal G.I.P. del locale Tribunale, Dott. Fabrizio Nicoletti – di applicazione della misura cautelare personale nei confronti di tre persone (tra cui, due coniugi) residenti a Livorno, di cui una, tale T.P, in carcere e due sottoposte agli arresti domiciliari (S.C. e L.S.). Nei confronti dei due coniugi è stato, altresì, disposto, il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali (per il marito, T.P, amministratore di più società operanti nel settore immobiliare ed edile) e la sospensione della carica di curatore fallimentare (per la moglie, S.C., titolare di uno studio di commercialista, con sede legale a Lucca ma di fatto operativo su Livorno).
Le contestazioni – che riguardano in totale quattro soggetti – hanno ad oggetto plurime ed articolate fattispecie di reato: circonvenzione di incapace, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione,  sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e interesse privato del curatore fallimentare.

Le indagini dirette dalla locale Procura della Repubblica (PM Dr. Daniele Rosa) sono state sviluppate da personale del Nucleo di Polizia Tributaria e hanno avuto origine, nel 2015, a seguito dell’esame del contenuto di un hard disk di T.P. – sequestrato nell’ambito di un separato procedimento penale – da cui sono emersi ulteriori elementi investigativi, con l’avvio dell’operazione denominata False Guardian.

La prima condotta illecita si riferisce ad un’ipotesi di circonvenzione di incapace, commessa in concorso dai tre soggetti tratti in arresto, per aver sistematicamente abusato delle deficitarie condizioni psico-fisiche di un 57enne livornese, privo delle capacità di autodeterminazione, dichiarato invalido civile al 100% e totalmente inabile al lavoro. In particolare, a tale soggetto, pur se non interdetto o inabilitato ufficialmente – dopo la morte, nel 2010, di entrambi i genitori – veniva fatta sottoscrivere una procura generale innanzi ad un notaio a favore della cugina, L.S. (oggi tratta in arresto) per l’amministrazione e la gestione di tutti i beni posseduti e ricevuti in eredità, comprensivi di sei appartamenti, un fondo, un terreno e disponibilità finanziarie.
A seguito di ciò, la procuratrice – unitamente agli altri due coniugi arrestati – avrebbe proceduto, nell’arco di soli cinque anni, al progressivo depauperamento del patrimonio mediante la vendita di due unità immobiliari e l’utilizzo sistematico delle disponibilità finanziarie, con l’appropriazione indebita di somme superiori a 230 mila euro, di cui i tre hanno usufruito per far fronte anche a spese strettamente personali, tra cui un viaggio a Cuba nel 2012, ai costi per il rimessaggio di un’imbarcazione o al pagamento dello stipendio di dipendenti di loro società.

Particolarmente significativa del modus operandi degli indagati è stata la vendita di un fondo commerciale ubicato a Livorno – che garantiva alla persona invalida una rendita sicura in quanto già affittata ad un fioraio – posta in essere a favore della commercialista  (S.C.), nel 2011. Di tale vendita, la caparra non è stata mai versata, mentre la restante parte è confluita effettivamente sul conto corrente della persona invalida, ma utilizzata (per la maggior parte) dagli arrestati nell’arco di soli 4 mesi.
Tra gli ulteriori fatti contestati, si cita il caso delle somme illegittimamente ottenute dagli arrestati facendo risultare spese fittizie, per conto della persona invalida (alla morte del padre nel 2010), per il pagamento di asseriti oneri di successione.

Avuto riguardo alle ulteriori condotte delittuose, le stesse fanno riferimento ad un caso di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte posta in essere da T.P. attraverso un soggetto giuridico con sede a Livorno, di cui lo stesso era amministratore.

In sintesi, dopo l’esecuzione di un sequestro preventivo delle quote di tale società eseguito nel 2013 nell’ambito di un precedente procedimento penale, T.P. ha tratto in inganno – attraverso un falso verbale di assemblea – il custode giudiziario nominato dalla locale A.G., che ha autorizzato – nel mese di agosto 2015 – l’alienazione verso una società di diritto rumeno (riconducibile allo stesso amministratore livornese) di una quota di partecipazione detenuta in altra società estera, proprietaria di un complesso alberghiero in Romania (costituito da 320 camere, 8 appartamenti, classificato 3^ stelle), il cui valore di mercato oscillava all’epoca tra i 4 e i 6 milioni di euro.

Così facendo, T.P. ha potuto alienare la quota di partecipazione per un valore irrisorio, potendo così gestire autonomamente in Romania la successiva vendita del complesso alberghiero e, di conseguenza, sottrarre alle legittime pretese dell’Erario italiano il verosimile e più elevato corrispettivo della cessione. Per tali condotte, tenuto anche conto dello stato di insolvenza, l’amministratore della società italiana è stato indagato pure per bancarotta fraudolenta, previa richiesta di fallimento della società avanzata al Tribunale di Livorno.
Peraltro, avuto riguardo ai riflessi tributari, tra il 2015 e il 2016, sono state eseguite una serie di verifiche fiscali nei confronti delle società riconducibili (direttamente o indirettamente) a T.P., procedendo, tra l’altro, alla constatazione degli elementi emersi nei vari procedimenti penali e segnalando, complessivamente, all’Agenzia delle Entrate, imposte evase (tra IRES, IRAP e IVA) per circa 5 milioni di euro.

Relativamente, infine, all’ultima condotta delittuosa, è stato appurato, da parte di S.C., un interesse privato nella gestione del fallimento di una ulteriore società con sede a Lucca, operante nel settore edile, della quale la commercialista era stata nominata curatore fallimentare dal Tribunale di Lucca, nel mese di febbraio 2011. Quest’ultima, sfruttando la sua posizione privilegiata per fini privati, favoriva consapevolmente – sia nell’attribuzione di lavori di messa in sicurezza dei cantieri della società fallita sia nella cessione di beni della stessa

LA CASERMA DELLA GUARDIA DI FINANZA DI LIVORNO

società (tra cui un’autovettura Smart) – un’altra società a responsabilità limitata, formalmente intestata a soggetti terzi ma di fatto gestita e riconducibile direttamente al marito T.P..
Responsabilità concorsuali sono state ravvisate anche a carico di un geometra residente in provincia di Lucca, il quale, nel suo ruolo di perito tecnico della procedura fallimentare, si è prestato a fare da tramite fra i coniugi, agevolandoli nella commissione del reato.
In questo contesto, per evitare la reiterazione del reato, il GIP ha disposto il sequestro delle provviste finanziarie, per l’ipotesi di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, fino all’importo di euro 640.000, nonché il sequestro preventivo del fondo commerciale venduto ad uno degli arrestati, collegato all’ipotesi di circonvenzione di incapace.

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