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“Non ci sentiamo eroi”. Il racconto dei due poliziotti che hanno salvato la vita al bambino sul tetto

Lunedì 8 Luglio 2019 — 17:50

Parlano in ESCLUSIVA a Quilivorno.it Giancarlo Nolfi e Filippo D'Agate, i due poliziotti che hanno salvato la vita al bambino di 6 anni ad oltre 20 metri di altezza. Il dirigente Cappelli: "In questo intervento l'essenza della polizia tra e per la gente. Solo così persone ordinarie possono fare cose straordinarie"

“Eroi? No, ci sentiamo due poliziotti normali che con serietà e professionalità hanno svolto il proprio lavoro”. A parlare in una intervista esclusiva a Quilivorno.it – ringraziamo pubblicamente il dirigente dell’ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura Claudio Cappelli – sono Giancarlo Nolfi, 46 anni, 20 anni di servizio, livornese, capo pattuglia, e Filippo D’Agate, 36 anni, 5 anni di servizio, della provincia Catania, gregario, i due poliziotti che nel cuore della notte fra sabato 6 e domenica 7 luglio, mettendo a rischio la propria vita, hanno salvato quella del bambino cinese di 6 anni finito su un tetto ad una altezza di oltre 20 metri.
Tutta l’azione, dalla chiamata alla centrale operativa delle 4,25 all’invio della segnalazione alla volante al salvataggio, si è svolta in 10 minuti. “E’ stato uno dei più difficili e delicati interventi della nostra carriera – spiegano i due poliziotti – ne ricordiamo tanti ma certamente questo lo ricorderemo a lungo. Siamo uomini ancor prima che poliziotti. Uomini che per lavoro devono stare vicini alla popolazione, tutta, italiana o straniera che sia”.
Giunti sul posto, Nolfi e D’Agate hanno da subito udito le urla di pianto disperato del piccolo. Una condomina ha aperto loro il portone; di corsa sono saliti al terzo e ultimo piano del condominio in zona Borgo (la strada è stata chiusa al traffico). “Qui una inquilina del pianerottolo – proseguono il racconto i poliziotti – ci ha fornito una scala di 5 metri circa con la quale abbiamo raggiunto il sottotetto. Abbiamo verificato che fosse stabile, dopodiché ci siamo arrampicati a mani nude per circa un altro metro verso il lucernario che dà sul tetto. Era chiuso con una corda. L’abbiamo tagliata con il coltello di servizio”. Il bambino era a circa tre metri dagli agenti. “A questo punto, dopo aver constatato che anche il tetto fosse stabile, abbiamo camminato verso di lui. Ci muovevamo al buio con l’aiuto delle torce di servizio. Piangeva ed era completamente bloccato, paralizzato dalla paura. Che cosa gli abbiamo detto? Di stare tranquillo, che eravamo qui per aiutarlo e che lo avremmo portato in salvo. Non parlava un granché, non soltanto per la lingua, quanto perché era proprio pietrificato dalla paura. Abbiamo chiesto perché si trovasse sul tetto e lui ci ha risposto che stava cercando il papà”. Ha continuato a piangere chiedendo del papà, anche successivamente, nel sottotetto e fino a che dalla scala di 5 metri non è sceso e non ha raggiunto il pianerottolo del terzo piano. Sempre in braccio ai suoi “angeli”. “Anche le scale del palazzo, dal terzo piano al piano terra, le ha fatte un po’ per mano e un po’ in braccio. Alla fine si è calmato”. Nel frattempo sul posto, dopo essere stato rintracciato, è arrivato il padre che, spiegano i poliziotti, si è reso conto di quanto aveva fatto.
Terminato l’intervento, “l’inquilina della scala” ha offerto un bicchiere d’acqua al piccolo e poi ai Nolfi e D’Agate che hanno ricevuto gli applausi sia da questa vicina sia dagli altri condomini testimoni del salvataggio. “Paura? In questi momenti non pensi mai alla paura. Piuttosto, pensi a lavorare nel migliore dei modi secondo i protocolli d’addestramento modulati e applicati sulla base della realtà che di volta in volta è differente. Il tutto con velocità di pensiero. Semmai, c’è stato una scarico di adrenalina tale che ci ha portato ad avere una forte sudorazione”.
Soddisfatto dei proprio uomini, e non poteva essere altrimenti, il dirigente Cappelli: “Hanno agito con cosciente sprezzo del pericolo. Mi sento di affermare che 1) in questo intervento è racchiusa l’essenza della polizia di Stato che si pone tra e per la gente, a servizio della collettività, per garantire l’ordinata e civile convivenza; 2) viviamo quotidianamente il nostro lavoro – che ci impegna h24 nella sorveglianza del territorio – non come l’esercizio di un poter ma come un servizio da rendere alla cittadinanza con sentimenti di legalità e umanità; 3) operiamo in una logica di stretta complementarietà dei contribuiti professionali dei singoli operatori che vengono tempestivamente messi a fattor comune per il buon esito dell’intervento della squadra. Solo così riusciamo a far sì che persone ordinarie come Nolfi e D’Agate possano realizzare cose straordinarie come salvare un bambino a 20 metri di altezza su un tetto, di notte”. “Ci fa piacere – concludono i due – aver ricevuto gli apprezzamenti per il buon lavoro svolto dal dipartimento, dai dirigenti e dai colleghi. Ci sentiamo come in una famiglia. In particolare, vogliamo ringraziare i colleghi di turno quella notte, dal capo turno all’operatore addetto alla ricezione delle segnalazioni e trascrizioni delle note radio”.

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