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Sul ponte di Calignaia a 70 metri d’altezza: “La priorità era salvare una vita”

Venerdì 19 Maggio 2023 — 15:45

L'assistente capo coordinatore Riccardo Miglione ripercorre a QuiLivorno.it il drammatico salvataggio della donna aggrappata nel vuoto al ponte di Calignaia: "Se non parliamo di armi è stato l'intervento più pericoloso della mia carriera. La mia paura più grande in quel momento era di perdere la signora. Non mi sento un eroe, il nostro compito è quello di intervenire e il "come" viene dopo. Sarei andato avanti anche senza imbracatura. Ringrazio tutti i miei colleghi. Il nostro pensiero va alla signora"

“Mi chiedeva di mollarla per farla cadere, giù te giù io le ho ripetuto. Alla fine attraverso il dialogo portato avanti dal mio collega Simone e alla mia presenza siamo riusciti a salvarla”. A parlare è l’assistente capo coordinatore e istruttore di tecniche operative Riccardo Miglione, che ringraziamo per la disponibilità, il poliziotto protagonista mercoledì 17 maggio del salvataggio a 70 metri di altezza di una donna aggrappata nel vuoto al ponte di Calignaia. Originario di Torino, 44 anni ad agosto, di cui 25, a luglio, trascorsi in polizia, Riccardo dal dicembre 2019 è nella squadra volanti di Livorno, diretta oggi dal vice questore Francesco Falciola, e 48 ore dopo l’accaduto ripercorre a QuiLivorno.it quei drammatici momenti: “Se non parliamo di interventi con armi posso dire che è stato l’intervento più pericoloso della mia carriera. Anche perché non siamo addestrati per fare questo tipo di salvataggi”. Il poliziotto aveva già scavalcato il muretto del ponte, dove poi inizia la recinzione, ed era quindi nel vuoto quando un operaio si è avvicinato per passargli l’imbracatura: “In quel momento la priorità era salvare una vita, non c’era tempo da perdere. Sarei andato avanti anche senza imbracatura. Fatto sta che quando l’operaio, che ringrazio, si è avvicinato per passarmi la corda l’ho presa, mi sono fatto istruire velocemente su come indossarla e mi sono incamminato verso la signora”. Circa quindici metri di cammino nel vuoto ad una settantina di metri di altezza con l’imbracatura legata al guardrail della strada. “Arrivato alla signora – prosegue l’agente – mentre Simone continuava l’opera di dialogo l’ho frapposta tra me e la ringhiera e stringendola con le gambe e mettendo le mie braccia sotto le sue ascelle. Ci tenevamo con le mia dita e le sue dita infilate nella recinzione. Ad un certo punto poi mi sono reso conto che i suoi piedi erano appoggiati alla canalina e non al ponte così aiutandomi con i piedi ho posizionato i suoi piedi sul muretto sottostante la canalina. Siamo rimasti così per 7-8 minuti. Il problema più grande è stato quello di gestire la sua agitazione, continuava a scostarsi dalla ringhiera, la sua intenzione era quella di lanciarsi. Se ho avuto paura di cadere? La mia paura più grande in quel momento era di perdere la signora. Non mi sento un eroe, il nostro compito è quello di intervenire e il “come” viene dopo. Tra l’altro ero il più alto in grado tra i colleghi presenti e ho disposto io il cosa far fare a chi e per me ho scelto di andare. Non ho minimamente pensato di esporre i colleghi al pericolo. Se avessimo perso l’equilibrio ci saremmo retti entrambi credo, spero, forse, grazie all’imbracatura. Per fortuna alla fine tutto si è risolto per il meglio. La donna si è convinta a tornare indietro e così piano piano facendo attenzione a dove camminare siamo arrivati in strada. Ringrazio tutti i miei colleghi. Il nostro pensiero va alla signora”.

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