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Vende ricambi di auto e moto online ed evade 200mila euro al Fisco

Mercoledì 30 Ottobre 2019 — 15:27

Nel mirino delle Fiamme Gialle un imprenditore di 33 anni livornese. Ecco come agiva

Ben 400 mila euro incassati nascondendoli al Fisco. Questo il volume d’affari occulto che la guardia di finanza di Livorno ha ricostruito con una verifica a un imprenditore livornese che vendeva su internet ricambi e accessori per auto, moto e scooter.
Sospetti sorti sulla posizione del contribuente quando gli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno scoperto che un 33enne esperto del web era destinatario di un alto numero di versamenti, fatti dai suoi clienti su carte di credito ricaricabili intestate a lui e alla moglie.

Le ricariche sulle Postepay si riferivano, come poi accertato dalle Fiamme Gialle labroniche, ai pagamenti effettuati dagli acquirenti dei ricambi e degli accessori messi in vendita dall’imprenditore attraverso il suo sito internet, noto tra gli appassionati del “tuning”, ossia quelle operazioni di personalizzazione ed elaborazione dei veicoli, a 2 e a 4 ruote, rispetto alla configurazione standard delle case produttrici.

Diversi gli accessori offerti in evasione delle tasse tramite vendite on line, anche sfruttando le capacità di consegna veloce oggi disponibili, che non venivano fatturate o rendicontate con l’emissione di scontrini o ricevute fiscali: dal pomello in radica di noce del cambio al subwoofer sotto il sedile, dalle “minigonne” e alettoni posteriori all’allargamento dei parafanghi, dall’oscuramento dei cristalli e sostituzione dei gruppi ottici alla rimappatura della centralina elettronica.

Passando al setaccio i conti e le posizioni bancarie dell’imprenditore e del coniuge, una coetanea sempre di Livorno, è emerso che la metà delle vendite non veniva fatturata e, non apparendo nella contabilità ufficiale, non veniva dichiarata.
Complessivamente, nel corso di 3 anni, il 2016, il 2017 e il 2018, l’attività svolta ha determinato un’evasione di imposte, tra Irpef, Irap, ed Iva, pari a 200.000 euro.

Oltre al danno patito dall’Erario per le mancate entrate tributarie, il comportamento dell’evasore ha determinato anche una lesione dei principi basilari della concorrenza, con il derivante impatto negativo per l’imprenditoria sana che doveva confrontarsi con i prezzi più bassi praticati dal “furbetto” della rete.

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