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“Ci chiudi, ci paghi”. Tutti in prefettura per dire no alle chiusure

Sabato 31 Ottobre 2020 — 17:28

Tra i tanti in piazza che hanno manifestato anche i titolari delle agenzie di viaggio che hanno lamentato come, di fatto, siano rimasti al palo dal 9 marzo senza particolari aiuti da parte del Governo

di Giacomo Niccolini

Una manifestazione pacifica quella andata in scena il pomeriggio di sabato 31 ottobre quando, intorno alle 15,30 sotto al monumento di piazza dell’Unità d’Italia, davanti alle porte del Palazzo del Governo cittadino, si sono radunati (con mascherina e rispettando le distanze di sicurezza) decine e decine di lavoratori, titolari di palestre, imprenditori, partite iva, ristoratori, lavoratori dello spettacolo, agenti di viaggio, baristi e anche dipendenti pubblici sotto un unico slogan: “Ci paghi, ci chiudi”, riferito chiaramente al Governo e alle recenti chiusure imposte dall’ultimo Dpcm del 24 ottobre (foto in pagina di Lorenzo Amore Bianco).
A turno e in maniera ordinata hanno preso parola e manifestato dichiarando tutto il loro dissenso e sottolineando le difficoltà correlate al recente periodo legato alla pandemia. “Facciamo le cose in sicurezza, vogliamo poter lavorare seguendo le regole. Dal momento che il Governo non ce lo consente pretendiamo che ci paghi per quanto ci sta impedendo di fare”, hanno detto in coro i tanti presenti alla protesta di piazza. Tra i tanti anche i titolari delle agenzie di viaggio che hanno lamentato come, di fatto, siano rimasti al palo dal 9 marzo senza particolari aiuti da parte del Governo. Il primo a prendere la parola è stato poi Massimo Rizzoli, volto noto dello sport di combattimento livornese e titolare della palestra Rendoki. “Tante attività in questo momento sono state non penalizzate ma condannate a morte dal Governo che ha stabilito regole ben precise a cui noi ci siamo sempre e subito adeguati – ha spiegato parlando al microfono Rizzoli – Ma questo non è servito. Le palestre sono state chiuse lo stesso. I ristoranti uguale dopo le 18 nonostante le spese effettuate per adeguare i nostri locali alle normative. Quando si fa un programma che prevede la chiusura e la limitazione di determinati settori, insieme si programma come sostenerli. Invece veniamo chiusi o limitati ma non c’è alcun sostegno da parte del Governo per le nostre categorie. Noi dobbiamo però in qualche modo sopravvivere a questa situazione. Da qui parte una protesta che si può riassumere nello slogan: tu ci chiudi, tu ci paghi“.

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