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Da Livorno all’Everest. La sfida di Francesco e Giuseppe

Lunedì 17 Dicembre 2018 — 07:00

Giuseppe Gaimari e Francesco Lepri sono due atleti che amano mettersi alla prova e per sfida hanno deciso di scalare la montagna più alta del mondo. L'intervista

di Gabriele Fiore

E’ dentro ognuno di noi, quella voglia di mettersi alla prova, di spingersi al limite per scoprire fino a dove possiamo arrivare, un’autentica sfida con se stessi. Anche la follia è necessaria, quella sana e fisiologica che ci permette di oltrepassare barriere che i più credevano invalicabili. Ma la cosa più importante è la preparazione, sia fisica che mentale, perché senza di essa si rischia soltanto di farsi del male.
Questi sono stati i presupposti alla base dell’avventura che hanno vissuto i due livornesi, Francesco Lepri e Giuseppe Gaimari. Due atleti, il primo personal trainer nella palestra Cfa ed il secondo un “atleta in viaggio” ed ultracycling. (Foto in pagina tratte, previo consenso, dalla pagina Facebook di Giuseppe Gaimari – un atleta in viaggio).
Sono loro i protagonisti di questa spedizione, che li ha portati in Nepal, ai piedi delle vette più alte dell’Himalaya fino al campo base dell’Everest, situato ad oltre 5300 metri di altezza.

Campo base Everest, 5380 metri

Francesco, come è nata l’idea di intraprendere questa avventura ?
“Stavamo facendo colazione al bar quando, un po’ per gioco, un po’ per scherzo, ci siamo sfidati a scalare l’Everest. In quel momento l’abbiamo presa sul ridere, immaginandoci ipotetiche situazioni, ma più passavano i giorni e più l’idea si concretizzava. Abbiamo cominciato ad informarci sui prezzi, a guardare foto e recensioni di chi già ci era stato. Più ci informavamo e più dentro di noi cresceva la voglia di partire veramente, fino a quando quel giorno è arrivato per davvero”.

Era la prima volta che vivevi un’esperienza simile ?
“Ho conosciuto Giuseppe circa 2 anni fa, quando ha cominciato ad allenarsi nella palestra dove insegno, lui era già inserito nel campo dei Viaggi Avventura. Spesso infatti mi raccontava dei posti che aveva visitato. Lo scorso anno mi propose di andare con lui in Marocco e di percorrere in bicicletta da Marrakech al deserto del Sahara, passando attraverso la valle delle rose. Accettai. Ci mettemmo cinque giorni. Questa fu la prima esperienza per me, e ne rimasi incantato”.

Raccontaci, come è stato scalare l’Everest ?
“Indimenticabile. Siamo partiti il 21 ottobre 2018 e una volta atterrati a Kathmandu, capitale del Nepal, abbiamo cominciato la scalata. Per raggiungere il campo base, situato a 5380 metri abbiamo impiegato 8 giorni, trascorsi per lo più salendo delle gradinate interminabili con gli zaini in spalla. Le notti le trascorrevamo nei villaggi che sono dislocati lungo la salita, abbiamo dovuto fare molte soste per far sì che il fisico si adeguasse alla sempre crescente mancanza di ossigeno ed ovviamente al freddo. Eravamo affiancati da una guida del posto e uno Sherpa che ci portava parte dell’attrezzatura. Mi ha sconvolto vedere che loro salivano in ciabatte come se niente fosse. Uno dei posti più belli che abbiamo visto lungo il tragitto sono i laghi sacri di Gokyo, a 4800 metri, li è anche dove abbiamo festeggiato il compleanno di Giuseppe. Una volta raggiunto il campo base è stato come il realizzarsi di un sogno, non riuscivo a credere di avercela fatta, mi sono voltato per guardare indietro e nella mente ho ripercorso tutto il viaggio a ritroso fino a quella fatidica colazione”.

A quota 4800 metri

Avete già qualche idea sul prossimo viaggio?
“Al momento ci stiamo allenando duramente, è stata davvero un’avventura unica, mi sono reso conto di quanto può essere pericolosa la natura. Le temperatura erano estreme, sempre intorno ai 20/30 gradi sotto zero, ma la cosa che mi ha spaventato di più è stata la mancanza di ossigeno, vedevo spesso il sangue uscire dalla bocca e dalle orecchie. Al campo base era un via vai continuo di elicotteri del pronto soccorso. Ho capito che non sono cose da prendere alla leggera, ma una volta che si prende atto di questo si può godere a pieno di un’esperienza veramente unica. Ovviamente non ce ne stiamo con le mani in mano, ci stiamo infatti preparando per il prossimo viaggio che dovrebbe essere in Sudamerica o in Congo, ma c’è ancora tanta strada ancora da fare”.

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