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In pensione dopo 43 anni di visite e diagnosi

Sabato 22 Febbraio 2020 — 08:07

Dal 1° marzo il dottor Giorgio Luperini, medico di famiglia, cesserà la sua attività convenzionata con la Asl. "Un consiglio ai più giovani? Abbiate molta pazienza"

di Giacomo Niccolini

Davanti a lui il traguardo, la bandiera a scacchi che si agita dopo un lungo percorso. Eppure sembra avere ancora voglia di correre, di far girare a mille il suo motore. La stanchezza sembra lontana parente. La passione? Sempre la stessa. Quella di quando iniziò nell’ormai lontano 1977 con le prime “guardie”. Giorgio Luperini, medico di famiglia classe 1950, dal 1° marzo andrà ufficialmente in pensione. Sembra impossibile se si guarda a fondo nei suoi occhi, se si guarda la sua scrivania fatta di ricettari, stetoscopi e ancora tanto lavoro da svolgere. La voglia di fare è quella di un dottrino neo laureato. “Pronto? Ah buongiorno. Sì la pressione minima è effettivamente un po’ alta ma si risolve prendendo una pasticca al giorno. Ci vediamo, se vuole, martedì”.
Anche al telefono, non si risparmia. E’ sempre “on-air”. “Vede la cosa che mi mancherà più di tutte è questa qua, il rapporto con i miei pazienti. Il rapporto giornaliero con chi ho visto piccolo e magari oggi è divenuto babbo o mamma a sua volta. Quarant’anni sono molti sa? Se ci penso mi girano un po’ le scatole (ride, ndr) perché io avrei lavorato ancora un bel po’. Anzi, non le nego che la libera professione continuerò a farla, certo con altri ritmi ma… non mollo”.
Il suo ambulatorio in via Cairoli sembra non accorgersi di niente. La laurea appesa al muro, un quadro di signore con maschera e cappelli colorati, il lettino bianco, gli strumenti per misurare la pressione. Tutto in un’immobile attesa. Come se tutti gli oggetti fossero pronti per scattare in piedi e tributargli un applauso per gli oltre quattro decenni passati con il camice indosso.
“Lavorare dieci ore al giorno non mi ha mai stancato ma adesso, capirete, che non posso certo fermarmi. Lo stacco sarebbe troppo traumatico. Certo ho due bellissimi nipotini a cui pensare, Gregorio e Brando, ma ho anche tanti hobby da coltivare come il gabbione il sabato mattina finché regge il ginocchio (sorride, ndr) e il calcio”.
Eh sì perché il dottor Luperini da questa settimana siederà sulla panchina della primavera amaranto come medico ufficiale della squadra. “In passato ho anche fatto il dottore per il Picchi. Ho sempre seguito il calcio grazie ai miei figlio Marco e Andrea che hanno giocato nelle società cittadine. E questa passione, unita al mio lavoro mi ha sempre accompagnato”.
Un pensiero poi va inevitabilmente ai colleghi più giovani, quelli che magari iniziano adesso. “Un consiglio? Di avere tanta pazienza. In questo lavoro, fatto anche e soprattutto di rapporti umani e personali, ce ne vuole molta”.
Un lavoro che è cambiato molto in quarant’anni ma che rimane sempre uno dei più affascinanti. “Oggi come oggi in tanti cercano di informarsi su internet ma se si apre il web per capire un sintomo e darsi una spiegazione il risultato è sentirsi quasi sempre malati. Prima era diverso, c’era una totale fiducia verso il medico. Oggi con internet si sentono tutti un po’ dottori”. E in questo senso anche la psicosi per il Corona Virus rientra perfettamente nella tipologia di paziente internettologo. “Durante gli anni ne abbiamo affrontate tante di epidemie, dall’Asiatica alla Sars, all’Aviaria. Ne abbiamo viste tante. Quello che dico sempre è: non farsi prendere dal panico e seguire sempre le indicazioni delle autorità mediche. Con il panico e la psicosi non si risolve niente”.
Le foto appese al muro dello studio si affacciano sul palcoscenico dell’ambulatorio e raccontano vita. Vita vissuta. Come quelle immagini del dottor Luperini in camice in una clinica del Senegal. “E’ stata una bella esperienza. Siamo andati in un villaggio a portare aiuti ai bambini meno fortunati che abbiamo visitato. La sanità laggiù è un po’ diversa da qui. Chi ha i soldi si cura, chi non li ha… non se la passa bene. Ed è bello poter portare un aiuto a chi ne ha più bisogno”.
Le porte dell’ambulatorio si chiudono dietro di noi. Dentro rimangono gli occhi di chi ne ha viste tante e le mani di chi ha aiutato senza chiedere niente in cambio. La bandiera a scacchi continua a sventolare, ma il dottor Luperini sembra proprio che invece di alzare la mani al cielo sul traguardo… si alzi ancora su quei pedali…

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