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Opere d’arte vendute come azioni in borsa. Livornese di 24 anni “conquista” Londra

Martedì 3 Luglio 2018 — 08:50

Francesco Bellanca, classe 1994, conclusi gli studi al Liceo Enriques, è partito per Londra per creare una startup che colleghi gli investitori con il mondo dell'arte, la Feral Horses. La sua storia

di Filippo Ciapini

C’è un livornese a Londra che… potrebbe sembrare l’inizio di una barzelletta ed invece è la particolare storia di Francesco Bellanca. Classe 1994, Francesco ha deciso, una volta conclusi gli studi al Liceo Enriques, di partire per la city, laurearsi e creare Feral Horses, la start-up che collega gli investitori al mondo dell’arte. Ma come? Semplicemente affittando opere contemporanee a gallerie o privati, coinvolgendo anche il pubblico che può investire (e guadagnare) sulle opere stesse. A spiegarci meglio come funziona è stato proprio lui contattato nella sua sede di Liverpool Street via Skype da Quilivorno.it.

Ciao Francesco, come stai?
“Ciao! Molto bene grazie, qua a Londra non fa caldo e non c’è il mare come a Livorno, ma bene dai!

“Feral Horses”, cavalli e storia dell’arte, non riusciamo a capire il collegamento. Come mai vi chiamate così?
“Semplice, i “Feral Horses” nell’inglese british sono letteralmente i cavalli che nascono liberi, vengono messi in cattività e poi vengono nuovamente liberati. Ci è piaciuta l’idea perché è in linea con quello che pensiamo debba succedere al mercato dell’arte, nata come espressione libera della creatività umana e ingabbiata in logiche elitarie. Noi adesso proviamo a liberarla di nuovo”.

Spiegati meglio…
“Abbiamo notato che vi sono delle grosse lacune in termini di trasparenza, questo è causato dal fatto che poche persone hanno accesso al mercato. Al momento è molto esclusivo e riservato solo a chi detiene grandi capitali da investire, non vi è chiarezza sui sistemi di determinazione dei prezzi. Si crea quindi una distanza alienante tra l’arte e coloro che sono interessati ad essa, ma non hanno sufficienti mezzi per acquistarla”.

E quindi?
“Insieme ad altri ragazzi della mia università abbiamo creato questa piattaforma dove artisti, gallerie o altre entità mettono in vendita delle opere al pubblico solo che, invece di vendere un’opera intera, vendono le azioni, ossia piccole parti dell’opera, dei mattoncini per capirci. La cosa interessante è che è accessibile a tutti: l’artista sceglie un determinato target monetario da raggiungere e, partendo da una base di investimento minima di 2 o 3 sterline, puntiamo a raggiungere l’obiettivo prefissato. Se entro trenta giorni il target minimo non viene raggiunto, i soldi investiti vengono restituiti. Alla fine quello che stiamo facendo è creare una specie di common, di bene comune, la cui proprietà è distribuita tra tante persone e la fruizione viene poi decisa di volta in volta”.

Ipotizziamo che venga raggiunto questo target, cosa succede dopo?
“L’opera viene considerata venduta, il 90% dei ricavi viene dato all’artista e l’opera viene presa in gestione da noi a Londra dove viene esposta pubblicamente oppure affittata alle corporates (grandi imprese). Esiste anche un mercato secondario, gli investimenti su ogni opera possono quindi anche essere “scambiati” con altre azioni, esattamente come in borsa”.

Come si trae profitto da questa attività?
“Per quanto riguarda gli utenti, ogni qualvolta un’opera viene venduta/affittata, tutti gli investitori ricevono una percentuale del ricavato sotto forma di dividendo, in proporzione alle azioni detenute. Inoltre, gli investitori possono ricavare profitto nello scambiarsi liberamente azioni tra di loro sul mercato secondario. Per quanto riguarda il nostro business model, semplicemente prendiamo una commissione sulle vendite, come qualsiasi marketplace. Feral Horses, invece, ha recentemente concluso una campagna di equity crowdfunding, che consiste nel vendere porzioni dell’azienda per fare un aumento di capitale. Si basa sulla valutazione del valore e del potenziale dell’azienda. In poche parole, abbiamo raccolto 140.000 pound, vendendo il 7% circa dell’azienda, ciò vuol dire che siamo arrivati a una valutazione totale di circa 2 milioni di sterline”.

Il mercato dell’arte sembra non morire mai…
“Per fortuna l’arte non muore mai. In un momento come quello che stiamo vivendo, pieno di insicurezze, di volontà socio-politico-economiche anacronistiche, il mondo ha bisogno di arte. L’arte porta avanti conversazioni importanti e ha il compito di scuotere le folle di fronte ai problemi dell’umanità. Il mercato però si deve aggiornare, si sta rendendo conto oggi che deve aprirsi ad un mercato più ampio ed essere meno elitista. Anche il report di Ubs di quest’anno cita “L’unica maniera che il mercato dell’arte ha per sostenersi e’ quella di aumentare il bacino di utenza”. Le gallerie classiche sono modelli che stanno andando a morire, o quantomeno a reinventarsi, perché i costi di gestione crescono a dismisura (a Londra, solo l’affitto dello spazio può costare un milione, ndr) mentre la polarizzazione della ricchezza sta riducendo il numero di persone che si possono permettere di possedere e fruire di arte”.

Come stanno rispondendo gli utenti? Ci sono investitori italiani?
“Il feedback che riscontriamo è molto positivo, a livello generale è appurato che vi sia un forte interesse nei confronti del mondo dell’arte, l’unica cosa che lo ha bloccato fino ad ora è stata l’impossibilità di accedere al mercato. Attualmente abbiamo circa 1300 utenti sulla piattaforma e vi è una crescita stabile tra il 10% e il 13%. Tra questi, una buona base del 20% – 25% è italiana”.

Che tipo di quadri gestite?
“Trattiamo opere di artisti contemporanei, ma soprattutto vivi, anche perché è più facile parlarci! (ride, ndr). Il nostro team di art sourcing si occupa di gestire le relazioni con gli artisti, solitamente ci rapportiamo direttamente con loro o attraverso canali quali gallerie, agenzie, fiere d’arte. In genere prediligiamo artisti che hanno già rapporti avviati con istituzioni o gallerie”.

Hipster in Stone by Léo Caillard

Quali quadri sono i più “affittati”? C’è qualche artista italiano?
Jago (https://jago.art/biografia/), ragazzo italiano di Frosinone, lui ha circa un milione di seguaci in giro con i social, lavora con il marmo a mano ed è un fenomeno. Lui ha venduto tramite il nostro sito. Consiglio anche un altro ragazzo francese di Parigi, Leo Caillard (https://www.leocaillard.com/), ha già fatto una mostra personale alla piramide del Louvre ed è stato l’unico ad avere accesso alle forme greche e romane del museo per realizzare le sue opere. Lui le ha “manipolate” facendole diventare hipster moderni. Erano hipster anche ai loro tempi, solo che non lo sapevano”.

Parliamo di Livorno, ma soprattutto di te, quanto ti manca?
“Sono tornato una settimana fa per il compleanno di mia sorella, solitamente torno quattro o cinque volte all’anno se mi va bene. L’estate scorsa, per esempio, sono dovuto restare qua a Londra per fare la tesi, proprio sulla relazione tra uomo e arte”.

Memoria by Raffaele Montepaone

In cosa ti sei laureato?
“Ho fatto il bachelor (triennale, ndr) in business ed economia. Successivamente ho proseguito con un Master in Data Science al King’s College (una delle prime quindici università al mondo, ndr).

Vivendo a contatto con persone straniere come ti sei arrangiato?
“A Feral Horses, quest’estate, siamo in 20 circa di cui 8 fissi e 10 “stagisti”. Abbiamo ricevuto 70 richieste al mese da gennaio. Arrivano ragazzi da Portland, da Bogotà, dalla Cina, sono rimasto l’unico italiano. Ho dovuto semplicemente studiare più lingue possibili, oltre all’italiano, l’inglese ed il francese, che parlo a livello madrelingua, sto anche concludendo il ciclo di spagnolo e presto inizierò l’arabo. Alla fine però, si parla in inglese, è un livellatore comune”.

Torni mai per un tuffo a Calafuria?
“Per forza! Senti questa: sono cinque anni che abito a Londra, ho passato la mia adolescenza prima ai Fiume poi alla Cala del Leone, da quando sono qui ho perso completamente la melanina. Tempo fa guidavo sul Romito con il braccio fuori e dopo quindici minuti di macchina, una “razzata” viola sul braccio: arrivo sono un tedesco e torno sono fiorentino. Non so cosa farci, sono delle vere e proprie ustioni!”

Segui il Livorno Calcio anche da laggiù?
“Di base ho giocato dodici anni a basket, sono tifoso della Pielle, anche se ho difficoltà a seguirla con costanza. Comunque, guardo le dirette e gli aggiornamenti live su Facebook, stesso discorso per il Livorno, è difficile vederlo in streaming però ho seguito tutti i risultati, per fortuna siamo stati promossi”.

Ci salutiamo parlando dei tuoi progetti futuri…
“Abbiamo in programma una nuova sessione di finanziamento nel primo quarto del 2019. Per fare questa operazione dobbiamo crescere costantemente da ora fino a ottobre, il nostro obiettivo è raggiungere un valore di mezzo milione di opere vendute il prossimo anno. Adesso per la testa ci sono molte cose ma non ti escludo, anche se siamo in fase di pianificazione, che apriremo la piattaforma a utenti statunitensi molto presto. La nostra vera ambizione è quella di creare un modello di determinazione dei prezzi sul mercato chiaro e trasparente per aumentare la fiducia e gli investimenti nel mercato dell’arte, così da ampliare il potere comunicativo degli artisti”.

Non ci resta altro che augurarti “Good Luck”!
“Grazie mille! E… forza Livorno!”

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