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WhatsApp, ricordi e un legame solidissimo.
Così è nato il maxi pranzo in famiglia

Domenica 29 Gennaio 2017 — 07:29

Visto il successo riscosso dall'articolo abbiamo chiesto alla famiglia Regoli/Spagnoli un "approfondimento" per cercare di carpirne i segreti. Buona lettura domenicale

Visto il successo riscosso dall’articolo (clicca qui) abbiamo chiesto alla famiglia Regoli/Spagnoli un “approfondimento” per cercare di carpirne i segreti. A cominciare da come si riesca a riunire in un pranzo 90 parenti.

La lettera – “Rimaniamo sul pezzo finché è caldo”, gergo giornalistico che non mi appartiene ma che mi piace… bello! Rende l’idea. Sì, continuiamo a parlarne non per autocompiacersi ma per fare chiarezza su alcune cose e per chi è rimasto profondamente colpito dalla eccezionalità dell’accaduto, dalla particolarità e dalle presunte difficoltà nell’affrontare solamente il pensiero di riunire così tante persone, famiglie intere. Ognuno di noi infatti ha problematiche diverse, impegni di lavoro e non solo, magari i propri parenti non vivono più nella stessa città ecc… “I brividi solo a pensarci” come ha commentato qualcuno. Niente di tutto questo. Non siamo una famiglia speciale, unica o diversa dalle altre famiglie. Siamo una famiglia normalissima, semplicissima, comunissima che per caso, dopo anni ed anni di “guardiamo di trovarci una volta”, “organizziamo qualcosa per stare insieme”, “ci ritroviamo sempre e solo nelle brutte occasioni” ha deciso grazie alla cocciutaggine di qualcuno (mio fratello Emiliano) di utilizzare un semplice mezzo: il telefonino. Sì questo mezzo molto utile ma diabolico al tempo stesso. Tramite WhatsApp ha creato un gruppo dove tutti, in tempo reale (da Livorno, Cecina ,Isola d’Elba, Bologna , Reggio Emilia) abbiamo potuto decidere di condividere una giornata particolare da dedicare a noi. “WhatsApp: la solita diavoleria! ha detto babbo Mario – Ai miei tempi se avessimo utilizzato il telefono col dito nella ruota per chiamare tutti avremmo avuto non pochi problemi alle mani”. Sorrido quando lo vedo il “Boss” armeggiare con il telefonino però se la cava, come sempre. Molto meglio con la mestola, ci ha insegnato tutto, una roccia per noi, sempre disponibile e indispensabile.
La nostra è una famiglia che ha passato, come la maggior parte delle famiglie momenti difficili, incomprensioni, discussioni ma negli anni li abbiamo affrontati, li abbiamo metabolizzati e trasformati in qualcosa di positivo. Abbiamo fatto il nostro percorso decidendo di non lasciare fare al tempo ma di pensarci noi stessi in quanto persone; un passo alla volta verso qualcosa che ci unisse e non ci allontanasse.
La differenza non la fa l’estrazione sociale, il bagaglio culturale o chissà cos’altro. La differenza la fanno i valori con cui siamo cresciuti che ci hanno insegnato chi ci ha cresciuto e con cui abbiamo condiviso ed affrontato momenti soprattutto sfavorevoli che sono quelli che più avvicinano le persone: i sentimenti, il rispetto di noi stessi e degli altri, la comprensione, il perdono, la tolleranza, la “sopportazione” come si dice a Livorno. Sì proprio quella, di cui se ne sente sempre più la mancanza in giro di questi tempi. Non voglio essere retorico, ma le cose stanno così.
Quello che è successo domenica è il risultato di un’evoluzione in questo senso . Tra molti di noi, possiamo dire, il rapporto è più forte, più vero. Siamo tornati, è una mia impressione, a riconsiderarsi come prima: ricordo quando da piccolo, negli anni ‘60/’70 la nostra famiglia, come tante, si “muoveva tutta insieme”(una sorta di stadio mobile) in qualsiasi occasione. Ce ne sono e ce ne sono stati nella nostra famiglia “personaggi” che non si possono scordare: nonna Concetta (la “forestiera” perché originaria di Santa Sofia, un paesino sull’appennino romagnolo); nonno Dino (“Caino” per noi tutti perché non sapeva tenere un segreto…troppo pulito e trasparente, sincero); lo zio Carlo (due braccia forti quasi come Mario il bagnino di Panariello); lo zio Giovanni ( grande “mestola”); lo zio Vittorio che nel farci ridere con le sue battute ricorda tanto mio fratello Emiliano); gli zii Luciana e Marino (grande portiere e vogatore del Sorgenti: il suo nome ha fregiato la barca blu-amaranto fino a pochi anni fa e bravissimo al tiro a volo; con mio cugino Yuri da piccoli andavamo a raccogliere al Cisternino; sotto il poligono di tiro, i piattelli non colpiti ); la zia Rita (altruista e generosa con tutti) e la zia Tatiana (“mamma chioccia”…con i suoi sei figli),la zia Ide ( voce d’angelo nel coro della “Metallurgica”) e lo zio Vinicio (“l’ameriano” perchè lavorava a Camp Darby), la zia Palmerina ( la più anziana , la memoria storica della nostra famiglia , la “principessa” con i suoi modi garbati, sempre elegante, che trasferitasi a Bologna non poteva stare senza la sua Livorno e tornava in treno ogni “tre per due”lasciando mio zio Arrigo al suo lavoro di forestale e portandosi dietro per mano i due figli Gianni “il bandito” e Giancarlo “il letterato”). Mamma Franca (la “fioraia” del paradiso….Mamma con la “M” maiuscola). Quante storie, quanti aneddoti ci sarebbero da raccontare. Ricordo che babbo Mario aveva come corredo nella bauliera del Pulmino 850 Fiat il tavolino da pic-nic… sì quello di metallo e formica con le seggioline di tela a panchetto che a seconda di chi ci si sedeva sopra si strappavano subito…e che risate quando qualcuno “ruzzolava”.
Così tutti. Quando uscivamo la domenica o per le feste la meta era la stessa per tutti…scampagnata al “Campo di Marte”, alla”Puzzolente “ o al “Cisternino”, a “Nugola”, al Gabbro o alla pineta di Marina di Pisa. Cesti pieni di vivande calde avvolte da “canovacci” per mantenerne il calore. Con i miei cugini giocavamo a pallone contro gli adulti o alla corda con le bimbe e tutti insieme a rubabandiera o a nascondino se nelle vicinanze c’era un po’ di boscaglia. Un rapporto con la natura che oggi purtroppo è venuto meno. Al mare l’estate chi aveva la macchina faceva più viaggi sia all’andata che al ritorno per portarci tutti in spiaggia. Non mancava mai la chitarra suonata dallo zio Luciano, un usignolo che ci coinvolgeva tutti, grandi e piccini e chi capitava nelle vicinanze: c’era la voglia di cantare nonostante tutto. A sera la classica “sciabiellata” con cottura immediata del pescato…oggi proibitissima. Avevamo questa fortuna, sì, tra le generazioni c’era un collegamento solidissimo. Nonna Leda ci raccontava un sacco di storie , classiche ed inventate ma soprattutto storie vere vissute , appartenenti al passato che voleva dimenticare ma che aveva purtroppo impresso nella mente e nel cuore ( come per tanti anziani e meno anziani di quell’epoca) e a volte con le lacrime agli occhi ci esortava perché da grandi facessimo di tutto per evitare che ciò si ripetesse, niente più guerre,niente più odio e rancore.
Ricordi, ricordi e sensazioni, odori del passato che si diffondono nell’aria cosa c’è di più bello? Ecco domenica scorsa abbiamo cercato di rivivere e far rivivere ai nostri figli e nipoti tutto questo. Alla presenza di quelli che sono rimasti dei nostri genitori che a loro volta oggi sono nonni e qualcuno bisnonno: babbo Mario, zio Giulio, zia Romana i rappresentanti dei Regoli e zia Graziella, zia Giovanna e zia Lorena (stupenda …quasi mia coetanea) in rappresentanza degli Spagnoli. Hanno assistito a questo evento e nei loro occhi, nei loro sguardi ma soprattutto, ne sono certo, nei loro cuori sono riemersi i ricordi di quei tempi. I più giovani hanno piacevolmente accolto l’invito e sono stati proprio loro ad imporci con fermezza che la cosa si ripeta. Il gruppo su WhatsApp è incandescente da domenica scorsa, ogni giorno a scappa tempo ci sentiamo anche solo per un semplice saluto. Sicuramente un avvenimento eccezionale, lo riconosco, ma non necessariamente unico, una cosa che è stata condivisa da moltissima gente, conoscenti e non e questo è il fatto positivo e piacevole .
Sicuramente, come ha commentato nostro cugino Giancarlo da Bologna (assente per motivi di lavoro), in un mondo sempre più pieno di cose brutte una notizia come quella della nostra “Adunata familiare” (così è stata scherzosamente battezzata) riscalda i cuori … perché a giro si sente il bisogno di cose buone.

Marco

Dedicato a tutti noi

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