Goldoni, successo per “La Scuola” con Orlando
Ognuno dei personaggi con una propria particolarità psicologica e peculiarità estetica nella resa scenica, mostra le contraddizioni, le virtù e le debolezze dell’istituzione scolastica del tempo
di Claudio Fedele
Quello che in origine è stato un testo teatrale scritto da Domenico Starnone con il titolo “Sottobanco”, poi divenuto un cult tanto da essere trasposto sul grande schermo trasformandosi ne “La Scuola”, torna ora a teatro con parte del cast originario che ha segnato l’esordio sul palcoscenico di quella che è possibile considerare una delle pièce più apprezzate degli ultimi anni. Un gruppo di professori coinvolti in uno dei momenti più delicati dell’anno scolastico, gli scrutini di giugno, sulle cui spalle grava e cala l’incombenza di dover decidere chi promuovere e chi bocciare. La scuola si fa, in questo dramma, veicolo e luogo di battute e sguardi, tra i membri del corpo docenti, taglienti come rasoi in un contesto cinico e (dis)umano dove ai rancori dell’individuo si contrappongono il futuro e la promozione di chi siede sui banchi dell’aule di un’istituto superiore che cade letteralmente a pezzi anno dopo anno.
Partendo da una realtà che oggi assume un contorno vintage, nella commedia siamo negli anni ’90 ed il distacco temporale, se lo si osserva nei dettagli, si fa sentire, il tutto è incentrato su una lunga serie di monologhi, scambi di battute e riflessioni che accompagnano lo spettatore in un turbine di eventi focalizzati principalmente su un preciso gruppo di persone: i professori.
A volte visto come entità soprannaturale, altre come uomo frustrato e pieno di risentimento che scatena la propria rabbia sugli studenti (vittime per antonomasia), la figura del docente è (o è stata) presente ed s’è imparato ad interagire con essa in modo diverso e mutevole, costante parte importante della nostra formazione che ha contribuito in buona parte, sotto il profilo accademico, a plasmare gli interessi dei vari studenti.
Gli insegnanti de “La Scuola” sembrano, però, tutto tranne che responsabili e maturi, ricordano un po’ quelli di una serie tv di fine anni 2000, “I Liceali”, che a sua volta viveva degli echi comici di chi l’aveva preceduta, prendendo a modello il fu elogiato “Sottobanco”. Questi professori proposti fin da subito sul palcoscenico non appena alzato il sipario, quasi fosse una scena tratta dalla pellicola “I Soliti Sospetti”, danno vita ad un lungo susseguirsi di commenti e provocazioni, amori nascosti, raggiri ed invidie il cui fine non è indirizzato alla discriminazione del singolo o alla mortificazione professionale, quanto ad un cinico gioco goliardico quasi puerile che, al di là di un velo di apparenza, non li allontana da quegli alunni tanto disprezzati e criticati. Insegnante e studente, dunque, sono separati unicamente dagli anni e dal posto in cui siedono, chi davanti e chi dietro alla cattedra, ma una volta conclusasi la recita quotidiana della “vita scolastica” avviene un vero e proprio ribaltamento, l’adulto si cala nei panni del ragazzo, in quanto uomo immaturo e vittima anch’egli degli scherzi della vita e dei colleghi, getta la veste dell’austerità e si lascia andare a sentimenti o atteggiamenti quasi adolescenziali.
Di fronte ad un apparato come quello mostrato pare difficile immaginare un risultato diverso da quello ottenuto dai vari professori interpretati magnificamente da Vittoria Belvedere, Vittorio Ciorcalo, Roberto Citran, Roberto Nobile, Antonio Petrocelli, Maria Laura Rondanini e Silvio Orlando.
Le gite diventano viaggi di “distruzione” e non d’istruzione.
Pettegolezzi sono all’ordine del giorno.
Non c’è cura per il prossimo e né per se stessi.
La sala insegnanti diventa una zona di guerra con tanto di pistole ad acqua.
Offese e calunnie si susseguono ininterrottamente.
E, infine, il preside si rivela essere il più ignorante di tutti.
Ognuno dei personaggi con una propria particolarità psicologica e peculiarità estetica nella resa scenica, mostra le contraddizioni, le virtù e le debolezze dell’istituzione scolastica del tempo. Facendosi manifesto di una denuncia sociale marcata, mascherata dietro ad una goliardica leggerezza nei toni, “La Scuola” non rinuncia a momenti di puro intrattenimento senza diventare mai banale o scontato, senza omettere la poesia e la delicatezza della parola, la umanità e la fragilità, tutti sinonimi che segnano l’Essere.
Un dramma divertente, elegante, con un cast di attori affiatati e sorretto da una scenografia che fa della decadenza un marchio di fabbrica, funzionale e affascinante, “La Scuola” è una pièce che trasporta il pubblico indietro nel tempo, quando a mancare erano gli smartphone, i social e la tecnologia entrante di cui ora siamo complici e vittime, dove i rapporti umani si creavano e distruggevano con il dialogo ed il confronto con l’altro e non tramite una serie di messaggi su uno schermo luminoso. Dove tra i banchi vi era vicinanza e non lontananza. Un piccolo scorcio di un passato che, per quanto vicino, appare lontano, retrò, ma a maggior ragione interessante e affascinante, che permette di fare un confronto tra la scuola di ieri e di oggi, portando lo spettatore a chiedersi cosa ne sarà di quella di domani.
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