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“Grido d’amore” per Piaf al Grattacielo

Martedì 14 Febbraio 2017 — 08:33

Venerdì 17 alle 21,30 al Grattacielo andrà in scena "Grido d'amore"

Venerdì 17 alle 21,30 al Grattacielo andrà in scena “Grido d’amore”. Era il 9 dicembre 1915. Belleville, quartiere popolare al Nord di Parigi. Nasceva Edith Giovanna Gassion conosciuta solo qualche anno dopo e in tutto il mondo con il nome di Edith Piaf, il “passerotto”.
A poco più di cento anni dalla nascita della grande artista francese, Gianni De Feo ripropone “Grido d’Amore”, che vede il suo primo debutto al Teatro Belli di Roma già nel 2006.

Più volte ripreso a Roma, lo spettacolo è stato poi portato durante gli anni successivi in tournée nazionale, tra cui Milano, Genova, Firenze, Napoli e poi il Teatro Gobetti di Torino nella programmazione dello Stabile, e in Svizzera, suscitando grande consenso di critica ed emozionando il pubblico attraverso la storia appassionante e travagliata di una donna acuta ma al tempo stesso sregolata. Una donna che ha riversato nella voce la febbre di una vita difficile, spezzata da alti e bassi, colma di generosità, di allegria, di disperazione, di egocentrismo. In lei una fusione di impulsi e sensazioni: liberazione sessuale, alcool, droga, amori convulsi. Una donna che ha avuto incontri, scontri, che è stata ispirata e che ha ispirato.

Jean Cocteau, che scrisse per lei Le bel indifférent e le rimase amico per tutta la vita fino al punto di morire lo stesso giorno, di lei disse: “Non ho mai conosciuto una persona meno parsimoniosa con la propria anima. La sperperava, ne gettava l’oro dalle finestre”.

De Feo, accompagnato dal suono evocativo di una fisarmonica, racconta e canta le canzoni della “chanteuse realiste” vestendo i panni di un poeta vagabondo, un clochard dei nostri tempi, un cantastorie di strada che, nel ripercorrere alcuni frammenti della propria vita, ripropone i passi dell’esistenza straordinaria di Edith Piaf, un’artista il cui sguardo e la cui voce hanno segnato un’epoca e sono entrati a far parte di un mito.

Sulla scena un paio di ali bianche sospese nel vuoto come a delineare il fluttuare dell’anima. E il poeta vagabondo conclude infine il suo canto: “Brindo a te, brindo a tutti quelli come te, ai migliori ai peggiori, ai modesti, agli immodesti, a chi l’ha conosciuta la gloria, a chi non l’ha mai assaporata e a chi di gloria è morto”. 

 

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