Demografia, trend in calo anche nella provincia di Livorno
Sono 329 mila gli abitanti tra Livorno e provincia: -0,69%. Il commento del presidente della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno, Riccardo Breda
Peggiora il trend sulla dinamica della popolazione italiana, ormai tristemente adagiata su di un piano inclinato (clicca qui per il report completo). A fine 2020 i residenti si attestano a circa 59,2 milioni, con un rinnovato calo di ben 380 mila unità rispetto a dodici mesi prima; la variazione (-0,64%) risulta piuttosto consistente se paragonata a quella già negativa negli anni precedenti. I toscani, mediamente più anziani, accusano una flessione simile (-0,66%). Il trend negativo si conferma anche per le province di Livorno (329 mila abitanti, -0,69%) e, seppur in intensità inferiore, per quella di Grosseto (218 mila abitanti, -0,52%). Per i due territori non si registra il primato negativo che negli ultimi anni ha caratterizzato il calo tendenziale di popolazione rispetto i più elevati livelli di confronto. La causa può essere ricercata più che nel ricalcolo anagrafico effettuato dall’ISTAT a fine 2019, nell’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sulla mortalità. Nel 2020 il saldo naturale è negativo per l’intera nazione e, data la struttura della popolazione, a maggior ragione in Toscana e nelle province costiere dove la differenza fra nascite e decessi è pari a -2.727 unità a Livorno e -1.860 a Grosseto. Cifre in ampio peggioramento rispetto all’anno precedente, che fanno sprofondare i tassi di crescita naturale su valori che restano fra i più bassi in regione e decisamente lontani dalla media nazionale. Il saldo migratorio, solitamente preceduto dal segno più, non ha un andamento univoco: positivo a livello locale (+ 440 a Livorno e + 708 a Grosseto) e regionale, negativo a quello nazionale.
Se nel complesso la popolazione diminuisce (-1.152 unità a Grosseto e -2.287 a Livorno) il tasso di crescita totale non può che stazionare in terreno negativo ma, diversamente dal passato, non si rilevano grosse differenze fra l’andamento locale e quello dei territori di confronto: in un quadro di generale peggioramento, la provincia di Grosseto mostra addirittura il valore “meno peggio”. Ciò non tanto perché presenta un trend migliore rispetto al passato (salvo l’inaspettato lievissimo incremento delle nascite), quanto piuttosto perché tutti gli altri territori registrano un più marcato peggioramento negli indicatori. È chiaro infatti come la pandemia abbia portato evidenti sconvolgimenti nella “normale” dinamica demografica: dall’aumento della mortalità alla diminuzione della natalità, passando per una forte flessione dei flussi migratori in entrata. Ciò che rimane immutato è il fatto che ovunque il saldo migratorio non è in grado di colmare il gap di popolazione derivante dal saldo naturale.
Si osserva una generalizzata diminuzione del numero delle nascite rispetto al 2019 (tranne, sorprendentemente, in provincia di Grosseto con 23 nascite in più), fenomeno che si è accompagnato ad un imponente aumento nel numero di decessi, causato dagli effetti diretti ed indiretti della pandemia da Covid-19. I tassi di mortalità in un anno sono aumentati di oltre un punto per mille nelle nostre province, ancor di più in Toscana ed in Italia, dove tuttavia i valori complessivi non raggiungono, stante la diversa struttura per età, i “pesanti” valori dei nostri territori. La sensibile riduzione tendenziale in termini di nascite cui si è assistito è senza dubbio tra le cause che concorrono ad un’ulteriore accelerazione del processo d’invecchiamento della popolazione residente. Qualora tale trend continuasse anche nei prossimi anni, il processo potrebbe divenire irreversibile. Il fenomeno delle “culle vuote” non è peraltro il male peggiore: sui “numeri” dell’anno ha pesato, come comprensibile, ancor di più il drastico aumento dei decessi (ovunque se ne calcolano incrementi anche a due cifre), fenomeno che ha tristemente caratterizzato il primo anno di pandemia. Focalizzando l’attenzione solo sulle nostre province, è evidente lo scostamento della mortalità 2020 rispetto alla serie storica (media 2012-2019), con evidenti picchi nei mesi di marzo e novembre. Il dato è ancor più eclatante se si considera che il periodo di lockdown ha ridotto specifiche tipologie di mortalità, ad esempio quella stradale. Se a tutto ciò si aggiunge un flusso migratorio estremamente ridotto se non addirittura deficitario (ovunque il numero degli stranieri diminuisce in ragione d’anno), il 2020 può essere definito come annus horribilis per la dinamica della popolazione.
Con queste premesse, nel futuro prossimo il numero di residenti sul territorio non potrà che diminuire ulteriormente, dato che le dinamiche demografiche manifestano i loro effetti in maniera estremamente lenta quanto inesorabile: politiche o azioni indirizzate ad attenuarle o addirittura a modificarle sono di complessa attuazione ed i loro risultati, se misurabili, si manifestano anni dopo la loro messa in atto. Da stime, elaborate da questo Centro Studi, che prevedono due diversi scenari (denominati base e pessimistico), la popolazione livornese, attualmente di poco inferiore a 330 mila unità, nel 2025 scenderebbe di 10 mila unità nello scenario base e di 20 mila in quello pessimistico, posizionandosi intorno ai 320 mila e 310 mila residenti, rispettivamente. Quella grossetana passerebbe dalle attuali 218 mila unità a 213 mila nel primo caso ed a 204 mila nel secondo. Tutto ciò è ipotizzato senza che intervengano variazioni rilevanti e perduranti in alcuni fenomeni demografici, al momento tanto imprevedibili quanto soprattutto difficilmente possibili, quali, ad esempio, un improvviso, duraturo e consistente aumento delle nascite o un forte incremento dei flussi migratori in entrata.
Il commento del Presidente della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno, Riccardo Breda: “Ormai da molti anni i rapporti prodotti dal Centro Studi segnalano come la struttura demografica dei nostri territori rappresenti una delle principali criticità del tessuto socio-economico, se non la principale. Ovviamente in un anno come quello segnato dalla pandemia tale criticità è ancor evidente, rendendo estremamente palese la fragilità di una popolazione tra le più vecchie d’Italia. Quello che tre anni fa definimmo “inverno demografico” continua a mostrare tutte le sue rigidità e nulla lascia presagire, almeno per i nostri territori, l’arrivo della primavera, anzi. Lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha giustamente inquadrato nel contrasto alla bassa natalità e la mitigazione dell’invecchiamento uno dei punti su cui intervenire “massicciamente” in modo più o meno diretto. Il mondo delle imprese subisce tale condizione strutturale, sia in termini generali attinenti al welfare, dai costi pensionistici a quelli sanitari, sia e più specificatamente a riguardo dell’offerta di lavoro e della staffetta generazionale nella piccola e media impresa. Il rapporto, oltre a contenere diversi indicatori utili a supportare anche le politiche locali, riporta anche due simulazioni, in presenza di distinti scenari, su quella che sarà la consistenza della popolazione a livello provinciale nel prossimo 2025: tutte e due, purtroppo, segnalano un preoccupante ulteriore calo”.
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