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Porto, meno infortuni. Il 18% alla mano

Venerdì 17 Giugno 2016 — 06:56

Da registrare anche un aumento delle ore lavorate (1669), tuttavia inferiori alle 1745 del 2011

di Letizia D'Alessio

In cinque anni gli infortuni all’interno del porto si sono sensibilmente ridotti, passando dai 265 del 2010 ai 148 dell’anno scorso (leggi qui – colosso cinese punta la Darsena Europa). Così come i giorni di inabilità temporanea che sono passati dai 9574 di sei anni fa ai 5636 del 2015. A rendere noti questi dati è stato il segretario generale dell’Autorità portuale Massimo Provinciale durante la terza commissione consiliare dedicata alla sicurezza in porto. “Lo scalo portuale è notoriamente un luogo a rischio – ha affermato – e per monitorare meglio la situazione da tempo abbiamo implementato una piattaforma in cui inseriamo il tipo di infortunio, i giorni di prognosi, la zona colpita, il tipo di lesione”. Va detto che questo sistema prende in considerazione coloro che svolgono mansioni operative all’interno del porto, che nel 2015 sono arrivati a 1161 dopo il calo degli anni scorsi. Da registrare anche un aumento delle ore lavorate (1669), tuttavia inferiori alle 1745 del 2011.
Ma quali sono le zone del corpo maggiormente interessate dagli infortuni in porto? Il 18,4% riguardano la mano mentre il 15,9% il ginocchio e il 13,3% il piede. Seguono la zona lombare, la spalla, il braccio e la gamba. Guardando invece il tipo di lesione possiamo dire che quasi nel 54% dei casi (nel periodo 2010- 2015) si siano avute contusioni o traumi, il 21% siano state lussazioni o distorsioni, il 9% lesioni da sforzo, il 7% ferite e infine il 4% fratture. Per quanto riguarda l’analisi delle modalità è da rilevare come quasi nel 19% dei casi l’infortunio sia stato dovuto a una caduta, nel 18% un urto, il 16% da un piede in fallo. Quattro infortuni su dieci sono stati causati dall’uso di attrezzi, il 19% dall’utilizzo di mezzi di trasporto e il 13% dai mezzi di sollevamento. Per quanto riguarda i giorni di prognosi ben nel 24% dei casi l’assenza dal lavoro ha superato i 40 giorni mentre nel 48% dei casi la non presenza al lavoro è stata superiore ai 20 giorni.
Negli ultimi 5 anni si può dire che il fenomeno infortunistico nel porto di Livorno ha avuto un sostanziale miglioramento sia come frequenza (tra il 2006 e il 2010 l’indice segnava in media 160 infortuni su un milione di ore lavorate, mentre nel 2015 siamo passati a 89) e sia in termini di gravità (nel 2010 l’indice conteggiato per un milione di ore lavorate era di 5,8 mentre nel 2015 è sceso a 3,4). Da mettere in evidenza anche, negli ultimi 5 anni, il non verificarsi di incidenti mortali in porto dei dipendenti delle imprese portuali, invece così non è stato per due lavoratori, uno di ditta di autotrasporti e un marittimo. “Sono dati che nel complesso ci confortano, – ha commentato Provinciali – senza dimenticare però che ogni infortunio, piccolo o grande che sia, per ogni lavoratore è un dramma”. Non solo infortuni, il sindacalista della Filt Cgil Simone Angella chiede di porre attenzione anche alle malattie da lavoro e per questo propone di attivare una discussione sul carico di lavoro, ovvero per individuare il numero giusto di lavoratori necessari a svolgere una determinata operazione, in modo così da evitare incidenti. È importante poi, sempre secondo il sindacalista, che ci sia “la certezza della celerità dei soccorsi”. Mentre per la Fit Cisl è indispensabile che sia fatta prevenzione e per farla occorre che venga attuato il protocollo sulla sicurezza firmato a dicembre 2015.

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