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Covid, sperimentazione del farmaco. Il primario: “In 8 pazienti miglioramenti evidenti”

Lunedì 30 Marzo 2020 — 14:05

Il primario di Ematologia, il dottor Enrico Capochiani, ha parlato alla stampa di questa sperimentazione. "In questo momento abbiamo raggiunto il traguardo di evitare che questi pazienti trattati finissero in Rianimazione, evitando loro la respirazione assistita"

di Giacomo Niccolini

Un farmaco che, proprio qua all’ospedale di Livorno, stanno utilizzando per impedire l’evoluzione critica dell’infezione da Covid-19. Ne ha parlato in una conferenza stampa tenutasi all’aperto nei giardini del padiglione 3 (clicca qui per rivedere la diretta FB sulla pagina di QuiLivorno.it) il primario di Ematologia dell’ospedale di Livorno, dottor Enrico Capochiani (nella foto), capofila insieme al primario di Malattie Infettive, Spartaco Sani, e al Cnr di Pisa dell’utilizzo del farmaco utilizzato al momento in via sperimentale, Ruxolitinib, per combattere il Covid-19, farmaco definito “anti-terapie intensive” proprio per la sua probabile azione che consisterebbe nell’impedire l’evoluzione critica dell’infezione di questo virus.
Come nasce questa sperimentazione?
“Questa sperimentazione nasce da una considerazione: che la malattia che porta ad avere i pazienti gravi complicazioni, tali da andare in ambiente rianimatorio, probabilmente non è legata solo e soltanto al virus in sé ma agli effetti che il virus induce sul sistema immunitario. E dato che noi, come ematologi, siamo abbastanza abituati a gestire questo genere di problemi con patologie che sono assolutamente simili in termini di impegno respiratorio e polmonare, l’idea è stata quella di verificare se questi meccanismi non fossero in qualche misura utilizzabili anche nel controllo dell’infezione da Covid, almeno in quei pazienti che hanno un elevato rischio di andare incontro ad un’insufficienza respiratoria grave”.
Così facendo quali aspetti clinici e sanitari andrebbero a migliorare?
“Il nostro obiettivo è quello di ridurre il numero di pazienti che vanno in Rianimazione. Sapete tutti infatti che la Rianimazione in questo momento è il reparto più sotto pressione e alleggerire quel reparto significa garantire ai pazienti un’opportunità in più, un impegno assistenziale inferiore e una chance terapeutica migliore, ovvero di riportare questa malattia che è così drammaticamente presente nelle nostre strutture, in un ambito meno complesso e meno grave”.
Quanti casi avete trattato fino ad oggi qui a Livorno?
“Dal 24 marzo ad oggi abbiamo trattato ad oggi otto pazienti, alcuni hanno già una storia di terapia quindi più lunga, altri hanno iniziato da pochissimo, però, devo dire la verità, nessuno di questi pazienti ha fatto quello che tutti si aspettavano cioè di progredire verso il reparto di Rianimazione. Nessuno di loro è in ambito rianimatorio, nessuno di loro necessita di respirazione assistita e questo è sicuramente il primo grande obiettivo che ci siamo posti ed il primo grande traguardo raggiunto”.
Segnali incoraggianti dunque…
“Molto. Ed è per questo che vorremo provare ad estendere l’utilizzo di questo farmaco anche nelle altre strutture ospedaliere dell’Azienda Toscana Nord Ovest e in special modo nelle zone che sono più critiche, come ad esempio quella di Massa. Abbiamo ricevuto anche l’offerta di collaborazione con alcune strutture universitarie della Toscana per riuscire a collaborare e raggiungere velocemente quel numero di casi che sono considerati scientificamente significativi per poter dare un giudizio unico e definitivo sull’efficacia di questo farmaco”.
Qual è il numero che vi siete prefissi?
“Il limite numerico è difficile a dirsi. In un momento normale vi direi un numero a tre cifre come minimo. In una situazione di eccezionalità come questa, io credo che se riusciamo a raggiungere una cifra decisamente più bassa, intorno ai 10-15 pazienti, che raggiungeremo in poco tempo, potremo toccare la cifra necessaria”.
Sono tutti pazienti livornesi?
“No, anche pazienti di zone limitrofe della Toscana”.
I pazienti in trattamento sono tutti con sintomi ancora non così gravi da dover essere supportati dalla respirazione assistita dunque, è così?
“Si, nel senso che i pazienti erano tutti in una condizione di rapida evoluzione di malattia. Ciò comporta che i colleghi in Rianimazione si inizino ad attivare perché da lì a poche ore i pazienti dovranno essere oggetto di respirazione assistita. Nessuno di questi ha fatto questo passaggio. Nessuno di questi è andato in quella complessa e sfortunata direzione. Ed è il primo più importante risultato ottenuto fino ad oggi, che è quello di aver impedito che questi pazienti evolvessero e aver garantito alla Rianimazione di avere sei o sette posti letto in più che in questo momento non è poi così banale”.
Si può azzardare una previsione temporale per avere un’approvazione per questo farmaco?
“Io spero che gli enti normativi nazionali, in particolare Aifa, che è l’agenzia italiana per il farmaco, trovi una collocazione organizzativa e una modalità di esecuzione del trattamento nell’arco di poco tempo anche perché noi abbiamo già iniziato questo trattamento ma credo che l’interesse verso questo farmaco si amplifichi anche in altri Paesi. E questo rende necessaria una rapida soluzione anche di tipo normativo, ma sono convinto che questo avverrà in tempi brevi”.
I pazienti di età differente stanno reagendo in maniera univoca o differentemente a seconda dell’età?
“Abbiamo pazienti di età differenti. Abbiamo pazienti molto giovani e altri più anziani. E’ abbastanza normale prevedere e dire che il paziente più giovane reagisca più velocemente alla terapia”.

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