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Mori, dal Granducato all’azzurro… puntando al Sei Nazioni. E in famiglia uno zio “a cinque cerchi”

Domenica 10 Giugno 2018 — 07:00

Federico ha scoperto il rugby all'età di 9 anni durante una gita scolastica. Da quel momento ha vissuto di palla ovale e allenamento. Ora i riflettori delle nazionali giovanili sono puntati su di lui

di Giaele Contu

Diciassette anni e un futuro tutto da scrivere davanti al suo cammino. Il livornese Federico Mori (nella foto principale di Luca Capobianchi), nipote dell’olimpionico di atletica (nonché campione del mondo dei 400 metri a ostacoli) Fabrizio Mori, è un rugbista che gioca nei ruoli di centro e di ala.
Dopo essere sceso in campo per 2 anni con l’Accademia del Centro Federale di Prato è stato convocato al torneo internazionale “RomaSeven 2018″ dal responsabile tecnico della nazionale a sette Andy Vilk. Gli ingredienti del successo di Mori sono semplici: una dieta ferrea, un duro allenamento giornaliero e tanta passione per questo sport scoperto all’età di nove anni durante una gita scolastica. Nonostante l’impegno sul campo da gioco il giovane Mori è capace di conciliare scuola e sport con ottimi risultati. Il sogno del livornese? Poter un giorno giocare con la maglia azzurra al Sei Nazioni. Una grande ambizione che potrà essere conquistata soltanto continuando sulla strada già solcata dal successo. E poi come diceva Walt Disneyse puoi sognarlo… puoi farlo!
Lo abbiamo contattato e intervistato per voi lettori di Quilivorno.it. Ecco cosa ha risposto alla nostre domande…

Federico Mori in una foto di Luca Capobianchi

Come e quando nasce la tua passione per il rugby?
“È nata in terza elementare quando, durante una gita scolastica, ci portarono al campo da rugby per provare questo sport. Mi è talmente piaciuto che, all’età di 9 anni, ho iniziato a giocare nei biancoverdi del Livorno Rugby”.

In che categoria ed in che società giochi?
“Nell’Accademia  del Centro Federale di Prato ho giocato per due anni nella categoria under 18. Comunque la domenica riuscivo anche a giocare le partite per il Granducato Livorno. La prossima stagione indosserò la maglia dell’Accademia Nazionale Under 20 con la quale parteciperò al campionato di serie A”.

Come concili scuola e sport?
“Faccio il liceo scientifico Enriques, quindi necessito di uno studio intenso. Cerco di avvantaggiarmi sempre nei momenti liberi e solitamente studio un’ora e mezzo o due al giorno”.

Qual è il tuo ruolo?
“Il mio primo ruolo è il centro e il secondo l’ala“.

Federico Mori in una foto di Massimiliano Dalla Valle

Come ti trovi con i tuoi tuoi colleghi? Sono solo compagni di squadra o anche veri e propri amici?
“Sono amici e soprattutto compagni di vita, anche perché in questi due anni abbiamo vissuto praticamente insieme, giorno dopo giorno, e condiviso emozioni e momenti irripetibili”.

Ti piacerebbe essere il capitano della squadra? Perché?
“È un ruolo importantissimo. Sì, mi piacerebbe. Un capitano deve avere responsabilità e deve dare sempre l’esempio. Il capitano tiene le redini della squadra. Credo di essere portato per questo ruolo perché metto impegno e dedizione in questo sport e in quello che faccio”.

Sei stato convocato ufficialmente nella nazionale under 18, cosa ti ha fatto provare indossare la maglia azzurra?
“Tanta emozione e responsabilità, devi dare il massimo perché giochi per i colori azzurri e i riflettori sono puntati sempre e costantemente su di te”.

Federico Mori in una foto di Massimiliano Dalla Valle

Hai subito un brutto infortunio dal quale ti sei ripreso bene per fortuna. Cosa ti era accaduto? È stato difficile rientrare a giocare?
“Ho preso una brutta botta al ginocchio durante una partita che mi ha costretto ai box per un po’ di tempo. Ho lavorato molto per recuperare in fretta e sono riuscito a tornare, più motivato che mai, in campo”.

Il merito delle vittorie è alla pari, o c’è un ruolo che spicca più degli altri?
“Nel rugby le mete le realizza solitamente l’ala grazie al lavoro delle prime linee, e alla collaborazione di tutta la squadra che si muove all’unisono come una macchina ben oliata e programmata per un solo obiettivo: quello di riuscire ad arrivare alla meta nella fase offensiva e di impedire che questo accada nella fase difensiva”.

Chi è il tuo modello di atleta?
Ma’a Nonu, è un’ ala che ha vinto due coppe del mondo con gli All Balcks della Nuova Zelanda. Guardavo i suoi video mentre giocava ed è grazie a lui che ho appreso diverse tecniche di gioco. E’ veramente un mito”.

Qual è la gara sportiva alla quale vorresti partecipare più di tutte?
“Senza dubbio vorrei scendere in campo al torneo del Sei Nazioni. Il mio sogno più grande comunque rimane sicuramente quello di poter giocare almeno una volta con la maglia della nazionale maggiore”.

Nel rugby bisogna seguire qualche dieta specifica?
“Bisogna magiare tanto e bene. In più è necessario inserire, in quello che mangiamo, alcuni integratori alimentari per poter bilanciare al meglio la dieta ed avere un fisico potente e reattivo”.

Il fisico del rugbista è rinomato per la sua potenza e allo stesso tempo per la sua reattività e agilità. Come fai ad ottenerlo?
“Faccio un duro altro allenamento in palestra, oltre che quello al campo”.

Federico Mori in una foto di Luca Capobianchi

Quale sensazione provi quando fai meta?
“E’ una bellissima sensazione. Soprattutto nelle partite importanti, quando schiacci a meta il pallone, capisci che hai finalizzato il lavoro di tutta la squadra. E questo ti fa star veramente bene”.

Pensi che il terzo tempo sia una pratica da esportare anche negli altri sport?
“Credo proprio di sì perché unisce le due squadre ed i tifosi. Dopo la partita festeggi, ti diverti. È giusto essere rivali: in campo facciamo la guerra, ma fuori dal recinto di gioco è bello essere amici e condividere l’amore per questo meraviglioso sport che alla fine ci unisce tutti”.

Che rapporto hai con tuo zio, Fabrizio Mori, che ricordiamolo, è stato un campione olimpionico di atletica?  
“È sicuramente un grosso vantaggio averlo come zio per consigli e pratiche di allenamento oltre che per la preparazione atletica. Mi sono sempre allenato con lui e con mio padre, soprattutto d’estate, e mi hanno sempre dato una grossa mano. Gran parte del  merito del mio successo sportivo va senza dubbio a loro”.

Racconta un aneddoto divertente della tua carriera…
“Durante un placcaggio mi è capitato di rimanere seduto a terra… completamente nudo (ride ndr)”.

Hai un portafortuna particolare che porti con te in ogni partita?
“Ho un braccialetto che mi ha regalato mia madre, lo metto al polso e poi me lo fascio”.

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