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Goldoni, con Pirandello si chiude la stagione di prosa

Venerdì 17 Marzo 2017 — 06:32

Sarà Gabriele Lavia, uno dei più importanti attori e registi del teatro italiano contemporaneo, a chiudere la stagione di prosa (doppio turno) al Teatro Goldoni di Livorno venerdì 17 e sabato 18 marzo, alle ore 21 con “L’uomo dal fiore in bocca… e non solo” di Luigi Pirandello. Autentico Maestro della scena, Lavia è da cinquant’anni tra i protagonisti assoluti del palcoscenico, sia come interprete che attraverso la direzione di centri teatrali quali lo Stabile di Torino, l’Eliseo di Roma ed il Teatro della Pergola di Firenze, oltre ad un rilevante impegno per il cinema con registi quali Damiani, Argento, Avati, Tornatore.
Dopo Sei personaggi in cerca d’autore, Lavia torna così al drammaturgo agrigentino che più di ogni altro ha segnato la cultura, e di conseguenza il teatro, del nostro tempo, arricchendo il monologo originale con altre novelle che affrontano il tema della donna e della morte. Ecco spiegato quel …e non solo usato come sottotitolo. Denominatore comune dello spettacolo, di cui Lavia firma anche l’ adattamento e la regia, sono le paure e il bisogno di esorcizzarle dietro una qualche forma di maschera, imposta dagli altri e infine accettata, per quieto sopravvivere.
L’atto unico, rappresentato per la prima volta il 21 febbraio 1923 al Teatro Manzoni di Milano, è un colloquio fra un uomo malato che sa di essere condannato a morire a breve, e per questo medita sulla vita con urgenza appassionata (l’Uomo dal fiore in bocca, interpretato da Gabriele Lavia), e un uomo come tanti, che vive un’esistenza convenzionale, senza porsi il problema della morte (il Pacifico Avventore, interpretato da Michele Demaria): “Piove a dirotto, ma è estate (tempo assurdo!) per soddisfare il ‘sentimento del contrario’ – annota Gabriele Lavia – così amato dalla poetica del nostro autore. C’è un uomo nella stazione e arriva anche un ometto pacifico, pieno di pacchi colorati, che perde sempre il treno e che lo perderà sempre”. L’Uomo dal fiore in bocca comincia a parlare con un’insistenza crescente, ironica e disperata, dimostrando una straordinaria capacità di cogliere i più minuti e all’apparenza insignificanti aspetti della vita. Le sue considerazioni amare rivelano terribili verità. Mentre è in preda a queste dolorose confessioni vede dietro la grande vetrata della sala d’aspetto l’ombra della moglie, interpretata da Barbara Alesse. È una donna preoccupata, lo vorrebbe curare col proprio affetto, ma a lui non è di consolazione, anzi, è un ostacolo alla sua stringente necessità di vita da vivere.
L’uomo dal fiore in bocca appare così come la scena maestra dell’incomunicabilità, della solitudine che si aggrappa alla banalità dei particolari più piccoli e insignificanti del quotidiano per cercare di rintracciare una superiorità della vita sulla morte.
Il breve “atto unico” è stato interpolato con “pezzi” di novelle che affrontano il tema (fatale per Pirandello) del rapporto tormentato tra marito e moglie che viene visto col distacco di un’ironia che rende i personaggi vicinissimi a noi.
Imponente la scenografia, disegnata da Alessandro Camera, realizzata dagli storici laboratori del Teatro della Pergola che con lo Stabile di Genova hanno curato questa produzione e che riproduce una sala d’attesa di una qualche stazione ferroviaria del Sud Italia. I costumi sono di Elena Bianchini, le musiche di Giordano Corapi e le luci di Michelangelo Vitullo.

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