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“Hotel Paradiso”, successo per i berlinesi Familie Flöz

Lunedì 30 Ottobre 2017 — 11:56

La rappresentazione, organizzata e a cura dal Nuovo Teatro delle Commedie, con la collaborazione di Teatro Goldoni, Pilar Ternera e Mowan Teatro, è stata l'inaugurazione della settima edizione del "Little Bit Festival". La recensione

di Claudio Fedele

Si è inaugurata il 28 ottobre con Hotel Paradiso, nuova messinscena della compagnia tedesca Familie Flöz e primo spettacolo  stagionale messo in scena al Teatro Goldoni, a cui il pubblico livornese ha risposto in modo entusiasta tanto da riempire l’intero teatro. La rappresentazione,  organizzata e a cura dal Nuovo Teatro delle Commedie in collaborazione con Teatro Goldoni, Pilar Ternera e Mowan Teatro, è stata l’inaugurazione della settima edizione del “Little Bit Festival”.
Un’accoglienza estremamente calorosa, riservata al quartetto mascherato che negli anni ha acquistato fama e prestigio ricevendo i plausi della critica specializzata e degli spettatori da tutta europa. Difficile, in effetti, non rimanere impressionati dall’egregio lavoro che è stato svolto per portare in scena Hotel Paradiso, storia incentrata sulla gestione di un albergo tra le Alpi, portata avanti da un’anziana capofamiglia, continuamente costretta a tenere in riga i suoi figli e il personale, indisciplinato ed eccentrico, che si anima sotto il ritratto del defunto marito della signora posto al centro del palcoscenico.

Dietro le maschere dai contorni grotteschi e caricaturali si celano volti che resteranno sempre nascosti al pubblico, ma non per questo quello che abbiamo di fronte è una messa in scena priva di personalità e di fascino. I Familie Flöz si dimostrano maestri nel saper contraddistinguere ogni protagonista e comprimario con movimenti e gesti estremamente realistici e naturali, accentuandoli appena, in modo da permettere a chi li osserva di comprendere appieno intenzioni, motivazioni, stati d’animo e psicologia. Una magia che si compie e continua a ripetersi da anni, quella che coinvolge un teatro muto e sorretto unicamente dalla musica o dai suoni riprodotti dagli oggetti in movimento, dove si elogia il corpo come unico mezzo attraverso cui esprimere sé stessi e le proprie idee.

Hotel Paradiso, che, a discapito del nome e delle stelle, di paradisiaco e ristoratore ha poco, concentra in poco più di un’ora e mezzo risate e dramma, sottolineando il tutto con una vena grottesca e al limite del reale, amalgamando commedia, tragedia e ironia, umorismo e melanconia, senza dimenticarsi di condire il tutto con un po’ di arte mimica e siparietti simili a quelli dei clown circensi. Eppure, oltre il contenuto, ad affascinare e ammaliare restano le maschere, uniche e vere protagoniste, ritagliate sui volti di quattro persone (tre attori e un’attrice), attraverso le quali i Familie Flöz riescono a calarsi in svariati ruoli per dar sfogo alla fantasia e all’improvvisazione.

La maschera, che a teatro ha radici antichissime – basti pensare alla drammaturgia greca – rispecchia l’animo di ogni personaggio iconizzandolo al meglio e contribuendo a dare a quest’ultimo una storia dietro alle fattezze quasi caricaturiali. Se poi togliamo a esse il beneficio di una qualsiasi alterazione vocale, quello che abbiamo tra le mani è un binomio interessante sul piano teorico (il corpo come unico mezzo di espressione arricchito da una sola espressione plastica con la quale il pubblico deve familiarizzare), ma complesso su quello pratico. Proprio per questo motivo, seppur sfruttando un intreccio narrativo semplice e poco originale, il trionfo di Familie Flöz è da ritenersi pressoché assoluto, poiché una volta calato il sipario ci si sente in perfetta sintonia con i personaggi (mascherati e non con gli attori) e si può persino ammettere con sincerità di gradire maggiormente l’uno o l’altro senza che questi ci abbiano ubriacato di pomposi monologhi o vani dialoghi dispersivi.

Hotel Paradiso è un appuntamento che potrebbe offrire un duplice approccio: da un lato un “semplice” spettacolo, dove la risata è servita con una genuinità tale da mettere in imbarazzo molte commedie di dubbio valore morale a cui siamo ormai assuefatti, che spinge al (sor)riso anche di fronte a una storia che di spiritoso poco ha, con il costante richiamo alla perdita dei valori e a ciò che si possiede, oltre che alla trascuratezza della memorie passate e dei propri cari; dall’altro, soprattutto per chi il teatro lo vive e lo pratica oggigiorno nelle sue varie sfumature, è una lezione esemplare con cui apprendere come fare intrattenimento tornando alle origini arcaiche del dramma, incanalando la struttura della rappresentazione muta in un’ottica moderna e avvincente, che cattura lo spettatore fino a farlo pensare che tale chimica nata tra autore e fruitore possa esistere soltanto se a mancare è l’unica cosa che, al giorno d’oggi, per antonomasia, associamo alla comunicazione: la parola.

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