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Un livornese nel cast hollywoodiano di Ridley Scott. L’intervista: “E’ un sogno”

Lunedì 18 Settembre 2017 — 01:40

L'attore Guglielmo Favilla racconta l'esperienza di lavorare al fianco di uno dei big del cinema mondiale. "Per me è stato come essere un bimbo alle giostre e aver accesso gratuito a tutte. E' stato un premio dopo tanta gavetta"

di Giacomo Niccolini

Capita come nelle fiabe. La telefonata della tua agenzia che ti propone una piccola parte in un film hollywoodiano. Te che al solo sentire il nome del regista un po’ sogni e un po’ te la fai sotto dall’emozione. Ridley Scott, quello di “Blade Runner”, quello de “Il Gladiatore” quello di “Alien” per intenderci, vuole un attore italiano per la parte di un rapitore di un clan “scalcinato” della ‘Ndrangheta che prova a chiedere il riscatto di  John Paul Getty III, il nipote del milionario per un riscatto che non arriverà mai. Il film in questione “All the money in the World” uscirà a dicembre nelle sale americane e subito dopo anche in quelle italiane, distribuito dalla Lucky Red. E quell’attore che riesce a prendere la parte e finisce anche nei trailer ufficiali che promuovono il film (clicca qui per vedere il trailer su youtube) è proprio nato, vissuto e prosperato all’ombra dei Quattro Mori. Si chiama Guglielmo Favilla, ha 36 anni, è stato protagonista di recente del film di Roan Johanson “Fin qui tutto bene” passato anche su Sky Cinema, ma vanta già un curriculum da professionista navigato ed esperto tra teatro (dove adesso è in toruée con Ugo Pagliai e Gabriel Garko) cinema e televisione (uno degli ultimi lavori fatti è proprio quello che lo vede tra i volti noti de “I delitti del Bar Lume”).

GUGLIELMO FAVILLA IN UNA SCENA DEL FILM ALL THE MONEY IN THE WORLD FINITA NEL TRAILER UFFICIALE DI RIDLEY SCOTT

GUGLIELMO FAVILLA IN UNA SCENA DEL FILM ALL THE MONEY IN THE WORLD FINITA NEL TRAILER UFFICIALE DI RIDLEY SCOTT

E’ lui insieme ad altri due livornesi, Francesca Detti e Alessandro Izzo, ad aver dato vita, a fine anni ’90 al gruppo di cineasti  “I Licaoni”, il team di produzione cinematografica tutto made in Leghorn che ha ricevuto premi e riconoscimenti nel corso degli anni proprio grazie alla bontà dei loro lavori svolti. Guglielmo Favilla, dalle prime riprese amatoriali, fatte e montate nel giardino di casa ad Antignano, ad oggi, ne ha fatta di strada. E’ un po’ come aver trovato la pignatta d’oro in fondo all’arcobaleno: tutti ci sperano ma nessuno l’ha mai vista. Favilla sì, la pignatta l’ha trovata…ed è stato un regalo grandissimo.
Come è nata questa opportunità?
“Più banalmente di quanto si possa immaginare. Tramite la mia agenzia, Officine Artistiche, arrivata dopo tante agenzie farlocche e tante trafile, ad aprile mi chiamano e mi dicono: entro tre giorni ci serve il provino per Ridley Scott per il film sul rapimento del nipote di Paul Getty. Solo a sentire il suo nome mi sanguina il naso e mi va via la salivazione. Per me Scott non rappresenta solo uno dei top nel panorama del cinema mondiale. Sono anche un suo grande fan. Mi dico che è un’occasione che non si ripresenterà mai più e devo dare tutto per riuscirci. Anche se poi non ce la farò. Ma per lo meno sono a posto con la mia coscienza”.
Cosa hai dovuto fare?
“Sono due scene. Sono due self-tape. Su muro bianco recitate in un inglese italianizzato. Devo interpretare la parte di questo rapitore di un gruppo di sciamannati della malavita organizzata. In realtà più dei ladri di polli che veri e propri delinquenti. Ho chiamato subito un mio grande amico: Federico Sfascia, dal quale mi sono recato percorrendo, da Roma, un’ora e mezzo di auto e raggiungendo Foligno, dove abita lui. Qui, grazie anche ad un vecchio fucile che aveva in un rimessaggio e alle sue direttive sono entrato nella parte e abbiamo lavorato sodo un giorno intero. Avevo bisogno di qualcuno che mi dirigesse fuori campo, che mi desse le battute, che mi aiutasse a non buttar via questa occasione. Lui era l’uomo giusto”.

L'ATTORE LIVORNESE GUGLIELMO FAVILLA

L’ATTORE LIVORNESE GUGLIELMO FAVILLA

E come è andata?
“Ho mandato il provino del quale ero molto soddisfatto, cosa strana, con we transfer. Ok. Ho aspettato. Dopo dieci giorni è arrivata la telefonata. Era fine aprile. Mi hanno detto: ti hanno preso, sei piaciuto, ti hanno visto a Los Angeles. Io ero un brodo di giuggiole. Non ci credevo. Mi è esploso il cuore.  Dovevo recitare il ruolo di questo malavitoso il cui nome in codice era “Piccolino”. Anche il ruolo era “piccolino” ma per me era una cosa enorme in realtà”.
E il cast?
“Il cast è spaziale ed ho avuto la fortuna di conoscere tutti. Da Mark Whalberg, al mitico Kevin Spacey che ho visto soltanto alla festa di fine produzione e non sul set, da Michelle Williams al capo dei rapitori Romain Duris. Ma anche tanti italiani come Nicolas Vaporidis, Francesca Inaudi, Mario Opinato e ancora altri”.
Quanto è durato il lavoro?
“Abbiamo girato in tutto circa una settimana spalmata in un mese. Da inizio giugno a circa metà luglio scorso. Il tutto girato interamente a Roma o nelle vicinanze della Capitale”.
E sul set? Cosa è successo?
“Alla fine mi hanno chiesto anche di recitare anche in italiano, sporcandolo con il calabrese. E io ho imitato un mio amico di Cosenza. E’ andata benissimo. Ho ricevuto anche i complimenti di un ragazzo di Reggio Calabria che mi ha sentito recitare e pensava avessi origini del sud”.
La tua voce verrà doppiata?
“Non lo so ancora. E’ la Sony che decide per l’audio. Sicuramente per il mercato anglosassone rimarrà la mia voce tanto mettono poi i sottotitoli. Per il mercato italiano già che doppiano tutti…forse sarò doppiato. Me lo devono comunicare”.
E come è stato vedere e conoscere Ridley Scott?
“Inizialmente, siccome il film è girato in Italia, in Giordania e In Inghilterra, non credevo di vederlo. Mi avevano detto che forse qui a Roma avrebbe girato con noi la seconda troupe. In realtà c’era lui. Questo ottantenne che sembra un ragazzino che è un professionista assoluto. Disegna tutta la sceneggiatura. Non scrive niente e poi rielabora, reinventa. Ha tutto in testa”.
Cosa è che ti ha fatto strano all’inizio?
“Vedermi disegnato nello storyboard dalla mano di Ridley Scott. Nei suoi fumetti aveva disegnato questo rapitore che aveva le mie sembianze grazie alle foto e ai provini che aveva visionato. E nelle scene disegnate c’era tutto quello che dovevo fare e anche la mia morte. Fantastico”.
Raccontaci del primo incontro con Ridley…
“Io ero ai camper, ero distante due chilometri da dove stava girando Scott. Stavo effettuando le prove di trucco e costume. Una volta finito mandano le mie foto a Ridley Scott. Pensavo che fosse finita lì e che lo avrei visto nei giorni seguenti. Invece no. Mi dicono: Ridley ti vuole vedere sul set. Inizia a prendermi male. Si piglia la macchina e si fa due chilometri in mezzo a Roma. Si arriva a questo palazzo e si entra. Dentro era pieno di cavi e persone in su e in giù. Mi sembra di essere Asterix nelle “Dodici fatiche di Ercole”. Ad ogni piano sembrava che dovessimo salire di grado.
E una volta dentro lo hai visto…
“Mi giro e non c’è uno a caso. C’è Mark Wahlberg che mi guarda serissimo. Lui mi scruta, fa un cenno del capo e basta. Poi mi portano da Ridley. Io vedevo nei monitor cosa faceva nella stanza accanto. Una assistente mi dice: tanto puoi aspettare, vero? E io rispondo: ma scherzi se vuoi dormo qui. E aspetto. Entro in questa stanza e vedo questo signore rossiccio. Fa la gag: mi vede e fa finta di spaventarsi alla vista del rapitore con il passamontagna. Io mi ero preparato le battute da dire come un bimbo alle elementari. Gli volevo dire “It’s a real honor sir”…invece ho farfugliato qualcosa senza senso. Lui capisce, ride, mi guarda e mi dice: you are perfect. Just  a moment…prende il passamontagna me lo prova, mi guarda…mi abbraccia e dice ancora: magnificent! Excellent. Thank you for coming. Sorry i have came back to work. E a me vi sarebbe venuto da dirgli “Ma ruzzi…” ma anche qui ho farfugliato qualcosa senza senso.  Mi ha chiesto scusa lui. Ve ne rendete conto? E a quel punto ha capito perché tutta la troupe lo chiama lo zio Ridley. Sono tornato a casa e avevo il sorriso come lo Stregatto di Alice del Paese delle Meraviglie. Presto ho saputo che da due scene che dovevo recitare erano diventate sei. E’ stato fantastico”.
La differenza tra un set italiano e uno hollywoodyano?
“Noi in confronto abbiamo tanto da imparare. In Italia per una cosa piccola ci sentiamo grandi attori. Ma anche in Francia senza andare molto lontano. C’è molta più professionalità. Anche solo per fare la scena della telefonata dall’alto lato della linea c’è la mamma del bimbo rapito. In Italia il controcampo di solito te lo fa Piero il macchinista. Qui c’era una tenda di fronte a lui fuori campo con l’attrice protagonista che recita la parte piangendo.  Ti mettono nelle condizioni ideali assolute”.

UNA SCENA DEL FILM ALL THE MONEY IN THE WORLD

UNA SCENA DEL FILM ALL THE MONEY IN THE WORLD

E adesso cosa ti aspetta?
“Sicuramente mi si aprono scenari internazionali che prima non avevo preso in considerazione. Ma adesso ho due mesi ancora di lavoro in teatro con Pagliai e poi sto portando avanti I delitti del Bar Lume. Ma questa esperienza me la porterò dietro a vita. E’ stata veramente un premio per tutta la gavetta che mi sono fatto. Anche se sono stati circa sette giorni di lavoro con lui per me è stato un sogno, è stato come essere alle giostre e poterle fare tutte gratis. Bellissimo”.
Cosa ti ha detto tua mamma, insegnante di storia dell’arte?
“Ovviamente felicissima. Anche perché in primis sa di quanta fatica e dedizione ci sia dietro questo risultato”.
Un consiglio per chi volesse intraprendere questa carriera?
“Prendere una sedia e aspettare. Sia sui set ma sopratutto nella vita. Questo lavoro è fatto di attesa. Bisogna saper attendere. Senza mai scoraggiarsi. Che è la parte più dura”.

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