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Martina, tra pennelli e natura racconta il suo viaggio… artistico

Domenica 28 Marzo 2021 — 09:08

"Fin da bambina il disegno era la mia attività preferita, non vedevo l'ora di entrare in classe per sedermi al tavolo e condividere i colori con i miei compagni. Ricordo che la domenica chiedevo sempre a mio nonno, che era un progettista navale, di prestarmi i suoi strumenti così da regalargli un disegno"

Pennelli, colori, video, musica, body painting: è il mondo di Martina Tamberi, artista livornese classe 1997. L'intervista

di Tommaso Lucchesi

Ventiquattro anni fa nasceva una delle promesse più interessanti dell’attuale panorama artistico livornese. Lei è Martina Tamberi ed è riuscita a farsi conoscere da mezza Italia (Venezia, Milano, Ferrara, Genova sono alcuni dei suoi “teatri”) portando la sua poetica fatta di tempere e tavolozze in numerose gallerie, spazi espositivi e mostre con l’unico obiettivo di emozionare ed emozionarsi. Perché Martina è così: ogni pennellata, ogni schizzo a matita, ogni spunto per una nuova opera la emoziona come se fosse la prima volta e, nella sua vulcanica creatività, ha in cantiere un grande progetto per Livorno con il sogno di far emergere tutta la “voglia d’arte” di questa città e scoprire nuovi talenti che aspettano solo l’occasione giusta per sbocciare.

Cosa ti ha spinto ad entrare nel mondo dell’arte?
“Fin da bambina il disegno era la mia attività preferita, non vedevo l’ora di entrare in classe per sedermi al tavolo e condividere i colori con i miei compagni. Ricordo che la domenica chiedevo sempre a mio nonno, che era un progettista navale, di prestarmi i suoi strumenti così da regalargli un disegno. L’idea di intraprendere professionalmente questa strada è partita dall’incontro alle scuole medie con il professore e artista Renzo Sbolci che mi ha da subito incoraggiata a sperimentare con la creatività e mi ha trasmesso la passione per la storia dell’arte, consolidata poi durante gli anni di superiori. L’iscrizione alla scuola di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze mi ha permesso poi di vivere il mondo dell’arte a 360 gradi, studiando dal vivo le più grandi opere del rinascimento italiano e le maggiori realtà contemporanee. Ho vissuto il periodo della triennale in accademia considerandola un’antica bottega fiorentina in cui i professori sono maestri di tecnica ma soprattutto di vita e i colleghi sono il più prezioso tesoro da custodire. Questo percorso ha infatti portato me e i miei tre compagni Sofia Ancillotti, Davide Vaccaro e Francesco Matteucci alla fondazione del gruppo artistico AnnoZero, il quale è basato sulla collaborazione tra artisti giovani e veterani nella creazione di eventi culturali sul territorio toscano, come a San Baronto in provincia di Pistoia dove abbiamo debuttato nel settembre 2018. Ad oggi frequento l’ultimo anno del biennio di Progettazione allestimenti degli spazi espositivi all’Accademia di Firenze e sogno di condurre in parallelo la professione di artista e di addetta agli allestimenti museali”.

Quali sono i maestri e gli stili che più ami e ai quali ti ispiri?
“Per quanto riguarda la pittura sento un forte legame con i maestri del rinascimento fiorentino, soprattutto per quanto riguarda il metodo di costruzione e preparazione del telaio e della tela. Per quanto riguarda il mio interesse verso la performance e la video art sono state per me fondamentali le figure di Marina Abramovic e di Bill Viola”.

Ti ricordi la tua prima opera e le emozioni che hai provato nel vederla finita?
“La prima non si scorda mai! Il dipinto a olio fa parte della serie “Le donne di Odisseo” e si chiama Calypso. La serie può essere considerata un cammino di coinvolgimenti emotivi, peripezie e struggenti destini che mostra la potenza, le difficoltà e il coraggio del vivere quotidiano, il tutto con una reinterpretazione del ruolo femminile all’interno dell’Odissea. Dopo le versione pittorica ho trasferito il progetto sul corpo maschile attraverso la tecnica del body painting demistificando le discriminazioni di genere in ambito sentimentale. Calypso rappresenta un mare in tempesta in cui si intravedono l’albero in frantumi di una nave ed un bagliore giallo: questi elementi riprendono la vicenda narrata nell’Odissea in cui la divinità marina esprime la sua rabbia nella perdita dell’amato Ulisse. L’opera è stata eseguita nel 2018 in seguito alla mia personale liberazione da una dipendenza emotiva con la tempesta che rappresenta le emozioni alle quali non ero fino a quel momento riuscita a dar voce e il bagliore è la trasformazione di ognuno dalla sofferenza all’approdo in un porto tranquillo. La sensazione che ho provato nel vederla finita è sicuramente ricollegabile alla libertà e alla presa di consapevolezza delle infinite capacità di cui disponiamo”.

Qual è stato il tuo più grande ostacolo nell’organizzare le mostre?
“Gli allestimenti richiedono preparazione a livello di progettazione, sensibilità nella scelta degli abbinamenti e una grande dose di forza di volontà. Se le mostre sono autogestite gli ostacoli emergono nella creazione delle campagne di sponsorizzazione e promozione, nella ricerca di finanziatori e nel coinvolgimento degli enti pubblici e privati del luogo ma manca un sistema istituzionale che aiuti a costruire la credibilità delle realtà emergenti. La difficoltà più grande è creare lo spirito di unità e collaborazione tra tutte le figure che opereranno per l’evento, in modo da rendere fruibile al massimo un’esperienza culturale che si delinei come indispensabile in quel momento, su quel territorio”.

Cosa ricerchi nella sperimentazione di più media e quale ti sembra più adatto a rappresentare la tua arte?
“Spazio dalla pittura alla body-art, dalla fotografia alla musica, dalla video-art all’arte performativa. Punto sempre a suscitare una riflessione sul carattere universale dei concetti di emotività, parità sociale, appartenenza ed attaccamento alle origini attraverso un connubio di tecniche tradizionali e sperimentazioni digitali. Anche se nasco come pittrice i new media diventano per me chiave di stimolazione del pensiero nel pubblico e non posso dire che ci sia tra questi una preferenza: l’arte è veicolata dallo strumento ma nasce dal cuore e dalla mente e quest’ultima, se adeguatamente preparata all’accoglienza, è tutt’uno con il cuore”.

Quali sono i colori che riescono a esprimerti maggiormente?
“In pittura prediligo i moodboard che tendono soprattutto ai blu e alle terre. Questi colori mi sono cari poiché dominanti nei luoghi nei quali sono cresciuta, Livorno e Zara, città croata dove è nato mio nonno e dove sono solita passare l’estate. Un altro colore a cui sono legata è il verde, simbolo dell’attenzione verso la natura e l’ecologia. Il verde è stato inoltre il colore portante del mio progetto dedicato alla musica delle piante “Ad Myrcae Modus”, che ha indagato i suoni della tamerice grazie a un sofisticato strumento con la creazione di un componimento musicale perpetuo prodotto dalle oscillazioni tra le foglie e addirittura le radici. Aspettiamo ancora i permessi burocratici per impiantare l’opera definitivamente e permettere la diffusione di questa musica “naturale” anche nei luoghi che più necessitano di una voce della natura come uffici o fabbriche, ma anche musei e scuole”.

Quanta Livorno è presente nelle tue opere?
“Livorno è per eccellenza una città accogliente, dinamica e colorata, ricordata storicamente per l’importanza della libertà individuale e per la promozione della creatività. Negli ultimi anni i giovani stanno cercando di valorizzare il territorio fondando associazioni e centri culturali: sono sicura che grazie al loro potenziale Livorno possa tornare a splendere come era solita fare in epoca medicea aumentando la propria attrattiva turistica. Tempo fa curai la realizzazione del progetto artistico e culturale “A Modì mio” dedicato alla beffa dei falsi Modigliani del 1984 e fu straordinario filmare lungo i fossi nei pressi del Mercato Centrale la ricostruzione “ideale” del celebre ritrovamento con attori che impersonavano le teste che emergevano dall’acqua: un omaggio alla città a testimonianza dello spirito estroso dei livornesi”.

Prossimi progetti?
“Sto portando avanti incontri di sensibilizzazione sulla Land art, ossia l’arte della Terra, e mi sono proposta di far crescere nel settore artistico i giovani del territorio livornese iniziando a proporre eventi e lezioni insieme ai ragazzi dell’associazione Oltre. Se la situazione lo permetterà mi piacerebbe tornare ad esporre in giro per l’Italia e consolidare il gruppo artistico Annozero con un nuovo festival culturale. Un anno come quello appena passato mi ha convinto che l’arte è espressione della forza vitale che accomuna tutte le forme di vita e in cui l’arte è vita e la vita è arte: grazie alla creatività che sperimentiamo in ogni situazione quotidiana il pensiero, il movimento e l’azione si muovono sempre verso il cambiamento, il miglioramento e la libertà di essere felici”.

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