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Umberto, una vita in regia con un sogno chiamato cinema

Domenica 17 Maggio 2020 — 08:30

Umberto Vivaldi Junior è un regista che si sta affermando in questo difficile panorama del cinema italiano. La passione per la "settima arte" sboccia dopo la visione di tutta la filmografia di Charlie Chaplin

di Tommaso Lucchesi

Livorno vanta un glorioso passato come punto di riferimento europeo per il gran numero di cinema presenti, senza dimenticare il privilegio di essere stata meta scenografica ideale per molte pellicole italiane e non solo. Anche oggi, girovagando tra le vie della città, può capitare di scorgere qualche giovane intento a montare una videocamera su un treppiede e filmare l’affascinante realtà che lo circonda. Tra questi abbiamo conosciuto il livornese Umberto Junior Vivaldi (nella foto principale gentilmente concessa da Giovanni La Francesca), trent’anni a luglio, e residente da due a Roma ma con il cuore scolpito nella città labronica.

Umberto, in una città come Livorno è facile innamorarsi della settima arte. Nel tuo caso come è scattata la scintilla?
“Il cinema è sempre stato fin da piccolo una grande passione e spesso mi divertivo con gli amici a Montenero a fingere di girare un film. Ero solito portare con me sempre una videocamera. L’amore è ufficialmente esploso dopo aver divorato un cofanetto con tutti i film di Charlie Chaplin: da quel momento ho capito che il cinema sarebbe stato una componente importante nella mia vita. Iniziai a leggere libri di approfondimento e a vedere più pellicole possibili per apprendere i segreti del mestiere direttamente dalle opere dei miei registi preferiti come Coppola, Scorsese, De Sica, Zavattini e i “nostri” Paolo Virzì e Francesco Bruni“.

A quando risale il tuo primo cortometraggio?
“Il 2010 è stato l’anno del “debutto”. Con mezzi di fortuna e una troupe di amici girai “La via degli aranci” incentrato sul tema del bullismo che, malgrado la natura amatoriale, ebbe un certo riscontro e venne persino proiettato in alcune scuole medie e superiori con l’appoggio dell’allora assessore all’Istruzione, Carla Roncaglia. Fu il mio primo vero approccio al mondo della macchina da presa”.

Nel 2013 realizzi un filmato dedicato alla Resistenza con interviste ai reduci di guerra.
“Esatto, era il mio secondo lavoro e si intitolava “Memorie”. Dopo aver frequentato per un biennio il corso di cinema tenuto a Livorno dal maestro Amasi Damiani, mi sentivo pronto per affrontare una nuova sfida e stavolta era la storia la materia che volevo indagare. In particolare volevo scoprire dalla voce dei protagonisti i giorni della Liberazione di Livorno del 1945. Ebbi la grande fortuna di intervistare il partigiano Garibaldo Benifei e la moglie prima della scomparsa, insieme ad altri testimoni. Il docufilm fu patrocinato dal Comune e proiettato al Cinema 4 Mori in presenza dei rappresentanti dell’Anpi in una serata di beneficenza con l’incasso libero devoluto all’associazione Cure Palliative di Livorno. Un aiuto fondamentale alla creazione del video mi venne dato dall’amico Francesco Spera, grande musicista che mi firmò la colonna sonora originale”.

Qualche anno dopo sempre al Cinema 4 Mori porti in scena un esperimento di spettacolo dedicato a Livorno…
“Un’esperienza davvero incredibile! Era il 2015 e venivo dal corto intitolato “Mi amor” e dedicato al rapporto tra una ragazza livornese dell’800 con un giovane di oggi, quindi tra due Livorno profondamente diverse ma complementari. Pochi mesi dopo mi venne l’idea di allestire un grande spettacolo corale in cui coinvolgere tutti i miei amici esperti in diverse arti da palcoscenico, come la musica, la recitazione, la pittura e ovviamente il cinema. Il titolo dell’iniziativa era “Livorno nel cuore” e aveva proprio la nostra città come comune denominatore dell’intera kermesse. Fu un ottimo successo di pubblico e la sera del 23 febbraio facemmo quasi il tutto esaurito con l’intero incasso anche stavolta devoluto alle Cure Palliative. Fra i tanti voglio ricordare la grande apertura di Gianluca Arena e il cantautore Matteo Freschi che intonò emozionato la colonna sonora di Mi amor“.

FOTO GENTILMENTE CONCESSA DA ELISA HEUSCH

E non ti fermi qui! E’ vero che sei stato invitato al Campidoglio per ricevere un diploma di merito?
“Vero, era il 2017. Mi fu assegnato questo diploma in una cerimonia ufficiale al Campidoglio in quanto partecipante al concorso nazionale di video, poesia e narrativa Alberoandronico. Venni selezionato su oltre 6000 opere per il mio corto dell’anno prima “Sono felice (?)” che raccontava in maniera simbolica l’alienazione dell’impiegato medio che trova rifugio dalla monotonia solo nel sogno. Un corto interpretato da due bravi attori emergenti quali Nicola Pomponio e Irene Stella. Questo è sicuramente il lavoro più autobiografico che ho fatto perché a quel tempo lavoravo come impiegato al porto e sentivo che non era quella la mia strada. Non sapevo ancora che a Roma ci sarei tornato pochi mesi dopo per vivere e studiare”.

Parlaci dell’arrivederci a Livorno e del tuo approdo alla Sapienza di Roma. Come ti sei trovato?
“Nella Capitale ho deciso di tuffarmi interamente nel cinema e provare a vivere della mia passione, studiando, esercitandomi ma soprattutto provando sul campo. Nel novembre del 2019 per esempio ero secondo assistente alla regia del film di prossima uscita “Andrà tutto bene” del livornese Francesco Bruni e ho appreso molte cose frequentando di fatto tutta la macchina enorme che sta dietro a un film. Questo è un lavoro che rubi con gli occhi e vivere l’aria del set è fondamentale. Ho anche avuto una buona dose di fortuna perché ho trovato un regista veramente paziente e di cuore e non è facile trovare “calma” dentro una produzione cinematografica. Spero di esportare molta di quella ironia e di quella bellezza della nostra terra a Roma e magari di rappresentarla nel  mio prossimo lavoro”.

L’anno scorso sei stato anche protagonista del FiPiLi Horror Festival.
“Sono stato nominato “videomaker ufficiale” e ho avuto quindi modo di conoscere personaggi come il “nostro” Federico Frusciante – davvero un dizionario vivente di cinema! – e registi del calibro di Enrico Vanzina e Dario Argento. Pensare che il mio rapporto col Festival partì quasi per gioco l’anno prima quando presentai un corto horror fatto in una giornata chiamato “Elevetor game” con protagonista uno spirito dentro ad un ascensore che arrivò addirittura in finale”.

Parlaci del tuo ultimo lavoro: “Vestiti ammodino”…
“La trama verte sull’incontro tra il protagonista Stefano, laureato in lettere e filosofia che non trova lavoro, e una ragazza e un vecchio, due figure simboliche che lo fanno tornare ad apprezzare la vita nonostante le difficoltà. Un soggetto impegnativo realizzato a quattro mani con Francesco Spera e supportato economicamente da una raccolta fondi su internet che ci ha permesso di autofinanziarci e di costruire un progetto un po’ più ambizioso. Rispetto ai precedenti lavori gli attori erano professionisti come Renzo Guddemi, Debora Di Girolamo, Riccardo Marinari, Gabriele Puccetti, Pietro e Pardo Fornaciari, Carlo Neri, Tiziana Foresti, Federico Grillo e visto il gran numero di personaggi coinvolti, l’aspettativa prima dell’uscita fu davvero tanta. Un aiuto fondamentale mi fu quello offerto dell’architetto Katia Querci che sia come scenografa che come truccatrice arricchì non poco la produzione. La mia idea inizialmente era di inviarlo direttamente a un festival ma vista la “pressione” di molti parenti degli addetti ai lavori per visionarlo decisi di fare una proiezione con un biglietto simbolico ai 4 Mori nell’aprile 2019. In poche ore ci trovammo costretti a non fare entrare più di 30 persone da quanto pubblico eravamo riusciti a richiamare. Anche stavolta cercai con i miei amici di unire al video anche delle esibizioni dal vivo e coinvolsi il grande attore Michele Crestacci per alleggerire la serata con un monologo sul tema del film. Sul fronte concorsi ho partecipato a due finali nel giro di poche ore e ai lati opposti d’Italia! Infatti ad agosto venni invitato al Noto Film Festival in Sicilia in occasione del Premio Monicelli e, dopo appena due giorni, mi trovai in Alto Adige all’Oniros Film Award a gareggiare per il miglior cortometraggio italiano. In un’atmosfera da Festival di Cannes per il vestiario consigliato, ho vinto il premio speciale “final draft” per la sceneggiatura e un diploma di merito con una menzione d’onore. Un momento straordinario per la mia vita, un’avventura vissuta con la mia ragazza e il “mio” compositore musicale di fiducia Francesco Carone, autore delle straordinarie colonne sonore degli ultimi corti”.

L’Italia ha dato alla luce alcune delle pellicole più belle della storia. Cosa pensi del cinema italiano di oggi?
“Non percepisco la famigerata “crisi” del cinema italiano ma anzi reputo il nostro Paese ancora un ottimo vivaio di talenti registici e a livello internazionale contemporaneo vantiamo nomi di un certo spicco come Matteo Garrone, Claudio Caligari e Marco Bellocchio. Siamo una realtà estremamente creativa con tanti incentivi statali anche per le piccole produzioni ma forse come unico appunto mi sento di sottolineare la mancanza di alternative di praticantato per coloro che non riescono ad accedere alle grandi ma selettive scuole di cinema come la Gianmaria Volontè o il Centro Sperimentale di Roma. Sarebbe bello se ci fossero delle strade secondarie, o con l’aiuto dello Stato o per l’interesse di un privato, per permettere a tanti aspiranti registi di far pratica sul campo e mettere fin da subito piede sul set”.

Progetti futuri?
“Appassionandomi molto le commedie drammatiche punto spesso a parlare di temi sociali con quel filo di leggerezza che permette una comunicazione pulita e chiara. Spero di fare così anche per il prossimo lavoro che probabilmente sarà dedicato al coming out delle persone omosessuali e al loro rapporto con i genitori. E’ un argomento che mi interesserebbe approfondire”.

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