Benvenuti: “Mai smettere di sognare. Ho realizzato il sogno di bambino. Derby in A2? La città se lo merita”
La malattia, Houston e Las Vegas, la passione per l'hockey e il basket femminile, l'idea di entrare nella società amaranto, gli sfottò con gli amici-rivali piellini e il sogno di bambino con cui scherzava con il padre: "Da grande la Libertas sarà mia". E adesso è successo. Perché "mai smettere di sognare. Sognare non fa mai male, se non avessi sognato nella vita, oggi non sarei qui". Signore e signori, il nuovo presidente della LL si presenta a tutto tondo. "Immagino il mio rientro al PalaMacchia... entrerò dal tunnel e mi perderò tra il boato del palazzetto"
Il sogno di tornare a casa a Livorno, varcare il tunnel sotto alla curva aprire le braccia e perdersi nella sua gente. Poi sedersi al suo posto. Quello di tanti anni fa, quello di lui e babbo Roberto, quello dei tempi della Peroni e dell’Enichem. Ed emozionarsi. Forse fino alle lacrime. Chissà. Non fare piani, solo godersi un attimo di eterno da portarsi dentro per sempre. “In questo ultimo periodo fatto di tanti momenti brutti e cupi mi sono sempre immaginato questa cosa che mi ha dato tanta forza. Se chiudo gli occhi la prima cosa di Livorno che mi viene in mente è proprio questa: il mio ritorno, io che esco da quel tunnel proprio come metafora della vita e prendo il mio posto. Lì sulla sinistra, come facevo con babbo. Mi dicono tutti che ci sarà da puntellare il PalaMacchia perché verrà giù tutto. Sarà bellissimo, non vedo l’ora non sto nella pelle”.
A parlare al telefono con QuiLivorno.it in collegamento Whatsapp dalla clinica di Houston è proprio Marco Benvenuti, neo presidente della Libertas Livorno 1947. Da noi sono circa le 15,30 di mercoledì 5 marzo, lui si è svegliato da poco.
“Sogno il mio rientro a Livorno. Se tutto va bene e i dottori mi danno il nulla osta io finirò le terapie verso il 20 marzo, il tempo di tornare a Las Vegas, fare due minuti le valigie, sai, sistemare le cose, eccetera. E poi prendere un volo. C’è una partita il 23 marzo, mi pare. Però per quella credo proprio di non farcela. E allora ho guardato e ho detto: va bene, allora per il 6 aprile, se tutto va bene, dovrei farcela tranquillamente. Perché appunto tornerei a casa mia a Las Vegas tipo il 21 o il 22, mi prendo una settimana per prepararmi e poi via…aereo e casa”.
A parte tutto come sta? La voce, a parte che è quella di chi si svegliato da poco, sembra di una persona bene in forma…
“Sto bene, sto bene. E solo questa terapia che sto seguendo che mi fa dormire molto. Ad un certo punto, tutto di un picchio, bum, svenuto e faccio un pisolino di 2 o 3 ore, così poi mi alzo. Quindi anche diciamo i ritmi del sonno sono un po’ sfasati. Ma a parte questo tutto ok. Le mie giornate le passo molto al telefono con Livorno o in video-chiamate. In questo ultimo anno alla fine non sono mai stato un giorno solo. Sono sempre stato attorniato da persone che mi hanno sostenuto. E questo mi ha dato una grande forza per non mollare mai”.
Ci chiarisca una cosa, dal punto di vista lavorativo lei ha ancora un ruolo nella Duetto?
“No, no, Duetto è stata venduta a Private Equity. Quindi dallo scorso giugno sono praticamente in pensione. Prima ero sempre nel consiglio d’amministrazione, facevo chiamate con loro settimanalmente, insomma, ero sempre un po’ sempre attivo e facevo delle consulenze qua e là con vari gruppi alberghieri. Poi invece da giugno abbiamo venduto a Private Equity e quindi proprio ora non ho più quote, niente, quindi sono totalmente staccato. Mi chiamano così ogni tanto per darmi due gossip (ride, ndr) ma è più per chiacchierare più che altro”.
Quindi diciamo lavorativamente parlando… testa libera?
“Totalmente pensionato. Per quello, insomma, quando ora mi hanno chiesto di diventare presidente, ho detto: vabbè, la situazione della salute la sapete che è quella che è. Però se quella regge, diciamo per il resto dal punto di vista di testa io sono libero perché non ho assolutamente altri impegni, quindi mi posso dedicare a questa cosa full time proprio”.
Altri impegni però che si concretizzano con il Jolly, se non erro, dove Lei è proprietario?
“A causa della burocrazia italiana formalmente lo sarò fra qualche giorno a tutti gli effetti, credo fra un paio di settimane. Ho lasciato alla famiglia Paoli la presidenza e poi altre figure di riferimento fondamentali come Giuseppe Arrabito, l’avvocato Silvia Marchesiello e Marco Profeti che mi aiutano lì dentro a districarmi tra le burocrazie varie e a condurre avanti la società”.
La burocrazia uccide l’arte, recitava un vecchio adagio…
“Sì però lì la situazione è molto più snella rispetto alla struttura societaria della Libertas perché chiaramente non c’è la Fondazione, Consiglio, Associazione Tifosi… una struttura più lineare”.
La aiuta a progettare più velocemente?
“Beh si, abbiamo già fatto il budget preliminare per l’anno prossimo e ora appunto ci muoviamo per progettare di già la prossima stagione con Walter Angiolini che è l’allenatore e quindi ora con lui ci stiamo già muovendo per cominciare a programmare l’anno prossimo. Perché sapete bisogna programmare, non si può aspettare la fine del campionato a volte per programmare. Se vuoi programmare bene bisogna farlo un attimino prima”.
Programmare per provare a fare il salto, intende…
“Sì, fare una squadra diciamo molto competitiva per la A2, perché parliamoci chiaro, anche quest’anno la squadra è già competitiva per la categoria come avete potuto vedere nonostante gli infortuni vari. Già quest’anno, se potevo facevo un po’ di innesti. È che non c’erano, cioè il mercato anche lì in corsa non è semplice e quindi comprare per comprare non era il caso. E ora sappiamo già che innesti dobbiamo fare, che tipo di giocatrici mancano secondo noi per quadrare il cerchio e quindi per il prossimo anno vogliamo fare una squadra che è bella bilanciata, bella tosta. Poi si vede. Però a fare il salto ci si prova”.
E poi tra i tuoi vari impegni c’è anche l’hockey. Giusto?
“Eh sì, ho anche la squadra di hockey a Las Vegas, tanto per non farci mancare niente, che tra l’altro, ora siamo verso la fine della stagione regolare, e i ragazzi si sono qualificati per i playoff che era il nostro obiettivo. La squadra è una squadra junior tra i 17 e 21 anni. Si chiama Junior Hockey. Perché l’hockey è un po’ diverso dal basket, cioè nel basket sai qui in America vai nell’high school, poi nel college, no? Invece nell’hockey vai nel privato molto prima. E dallo Junior ti prendono per il College. Il nostro scopo dunque è piazzare più giovani possibili nelle squadre collegiali americane”.
Come si chiama la squadra?
“Si chiama Henderson perché l’abbiamo spostata da Las Vegas a Henderson che è che praticamente è come dire di distanza da Livorno a Pisa. Quindi Henderson Force e ci alleniamo nella palestra dei Goldone Knights che sono la squadra NHL di Las Vegas. Loro hanno due rink (piste di ghiaccio, ndr) a Las Vegas, due palestre. Una per i Golden Knights e una per i Silver Knights che sono la squadra come dire l’equivalente dell’NBA di una G-League. Cioè dove Silver Knights ci mettono i prospetti”
Allora ci vorrebbe poi un palazzo del ghiaccio a Livorno…
“Sarebbe una figata pazzesca. Sono convinto che per l’hockey sul ghiaccio a Livorno la gente impazzirebbe con le botte che si danno e lo spettacolo tecnico che i giocatori sanno mettere sulla pista la gente impazzirebbe perché io tutti i livornesi che ho portato qui a vedere l’hockey sono tutti rimasti senza parole. Secondo me sarebbe una cosa proprio da livornesi che si appassionerebbero non poco”.
Sarà quindi il suo prossimo passo (risata, ndr)…
“Prossimo passo, sì, palazzo del ghiaccio sul mare (ride, ndr) che sarebbe un casino. Però a conti fatti l’altr’anno la Stanley Cup l’ha vinta Florida. Quindi anche loro hanno il palazzetto proprio vicino al mare, con l’umidità, che non facilita proprio la tenuta del ghiaccio… a Las Vegas perlomeno c’è il caldo ma è secco”.
Come si è appassionato all’hockey?
“L’ho giocato e mi è piaciuto. Ma prima di 7-8 anni fa non ne sapevo neanche l’esistenza. E poi ho scoperto che anche in Italia ci sono squadre e un campionato di tutto rispetto. Chiaramente nel nord Italia, chissà quindi che non si possa fare una squadra di hockey di Livorno (ride, ndr)…”
Vedremo. Senta, tornando sul Pianeta Libertas, un messaggio a Consigli lo ha mandato? Vi siete sentiti come passaggio di testimone?
“Sì, sì, ci siamo sentiti e anzi mi ha anche ringraziato ieri dell’intervista che ho rilasciato su Telecentro. Che beh… è tutto vero, è esattamente proprio come è andata la cosa, che Consigli m’ha corteggiato per anni, io non ero ancora pronto, poi mi ha portato dentro e poi è storia di oggi”.
Quando diventerà ufficialmente presidente?
“Dovrebbe essere entro la fine di questa settimana, però continua a slittare perché alle solite anche lì ci sono dei tempi burocratici incomprensibili rispetto alla burocrazia Usa. Però sono già operativo, mi manca solo il potere di firma anche lo possono fare altri al mio posto anche se ho scoperto che in Italia serve ancora il timbro oltre alla firma, incredibile… Qui in America è tutto un docu-sign”.
Senta, invece ci dica un po’ della sua Libertas, i punti di forza di questa squadra.
“Vabbè, intanto, parliamoci chiaro, un grande ambiente, un ambiente infuocato. Una bolgia, no? Io ricevo i video dai miei amici livornesi che vengono al PalaMacchia… incredibile. A parte che vabbè, anche in televisione si percepisce, però proprio la gente mi mandava i video, e… roba da brividi eh. E io quando faccio vedere le immagini di Livorno qui in America la gente non capisce più nulla, dice mamma mia. Ma dov’è questo posto? Non è possibile”.
E anche i giocatori lo percepiscono…
“Certo. Uno come Quinton ad esempio non era abituato proprio a questo tipo di pubblico, lui che ha giocato in Francia e in Israele. Infatti lo vedi che lui proprio ci mette anche l’anima perché il pubblico lo carica. Quindi questa è una grande cosa. Poi anche l’ambiente societario dove un sacco di gente che lo fa proprio per passione e che tutti insieme sono riusciti a fare grandi cose. Ora si è inserito Iozzelli e Iozzelli si è inserito subito bene, perché tutto era già diciamo su due binari ben oliati, ecco”.
A proposito di società questa cosa ne pensa della struttura societaria di questa Libertas?
“Anch’io sto cercando di capire bene come tutta la burocrazia funzioni e c’è un po’ da dividere, diciamo, la burocrazia che si è creata, diciamo, da soli e invece la burocrazia che invece esiste perché esiste in Italia. E quindi c’è un po’ da dividere queste due cose. Secondo me qualcosa si può snellire ne abbiamo già anche parlato con il consiglio, insomma, anche loro stavano già guardando di snellire qualcosa, però non bisogna snaturare l’apporto e il sostegno che abbiamo dall’azionariato popolare dei tifosi. Bisogna trovare un modo per anche per loro, per dargli una voce anche magari più diretta, però meno macchinosa e riuscendo così a prendere decisioni e compiere movimenti più snelli”.
Una domanda che forse per ora non Le è stata ancora rivolta: il Suo rapporto con i cugini della Pielle?
“La dirigenza non la conosco. So chi sono e so che sono grandi professionisti, certo, però non li conosco personalmente. Campanella, invece, mi ha aggiunto su Facebook appena hanno annunciato la mia presidenza, ma anche lui non ho mai avuto modo di incontrarlo”.
E i tifosi Piellini?
“Ho tanti amici che sono della Pielle che naturalmente da una parte, da quando sono entrato, grandi sfottò, dall’altra hanno un pochino di strizza, perché dicono: Ora te, te cosa combini? Dovevi proprio venire là da loro a rompere… Come a dire ci mancava anche lui, guarda, a rompere le scatole”.
C’è un po’ di questa aspettativa dai tifosi di Libertas, è normale. Arriva un nuovo presidente e sembra che arrivi il salvatore della patria. Abbiamo sentito dire: ora Benvenuti ci porta in Eurolega…
“Beh, un passo alla volta. Se ci si fa, benissimo. Ripeto, non sono io uno che si tira indietro. Però chiaro che lì ci vogliono dei budget che fanno paura. Perché poi il problema è che qui in America siamo abituati a tutti i livelli col salary cap e con il salary cap ti programmi perché te dici ok, io per i giocatori posso spendere fino a 10, 100, 1000, quello che è. Però siamo tutti più o meno sulla stessa barca. In Italia e in Europa no ed è un problema. In Italia già arrivare, per esempio, a fare break even, cioè a arrivare pari alla fine dell’anno, è una chimera, a tutti i livelli. E più vai su, più… più è un pozzo senza fondo. Quando lo spiego qui a eventuali americani che vorrebbero entrare a investire rimangono un po’ interdetti. Perché qui investi in una squadra e ci fai i soldi poi. Magari li fai nel lungo periodo, magari li fai col valore della squadra che va su. Capito? In Italia invece è giocare a vinci perdi. I soldi è difficile farceli”.
Ha pensato a qualche apporto a stelle e strisce? Che ne so un Half-time show, qualcosa da proporre in chiave americana alla Libertas?
Quest’anno ormai no. Dall’anno prossimo però sì, delle cose c’ho pensato. Perché al Palamacchia c’è il problema dell’impianto che è un po’ inadeguato per certi aspetti. Ad esempio ora che io ho una gamba sola penso anche di più alla struttura e mi dico: ma quando arrivo lì da dove entro? Il bagno? Come lo raggiungo? Come ne usufruisco? Cioè cavolate che prima non ci pensavano ma ora.. Perché qui in Usa sai, vado al palazzetto, non c’è problema, è una struttura moderna, quindi con tutti i comfort del caso. Non ci sono barriere, non c’è niente. Se io voglio fare con le stampelle due scale e mettermi nei posti, lo faccio da me. L’altra sera sono andata a vedere gli Houston Rockets e non ho dovuto fare una sola scala. Tutta un’altra cosa”.
C’è da sistemare quindi il PalaMacchia…
“Sì, ora c’è la gara per il PalaMacchia e noi abbiamo fatto una proposta con Libertas, Don Bosco e Jolly, tutti insieme. E quindi spero che ci venga data la concessione perché allora a quel punto sì si potrebbe intanto abbattere delle barriere architettoniche, fare la tribuna stampa un po’ più adeguata alla situazione, mettere magari anche un altro punto ristoro-bar-ristorante. Anche dal punto di ricettività c’è poco. E poi magari fare come si dice qui, in-game entertainment“.
Ha messo insieme Libertas, Don Bosco e Jolly…
“Sì, siamo tutti insieme perché poi anche il Jolly piano piano, da quando l’ho preso, comincia a avere sempre più pubblico. E secondo me l’anno prossimo, non dico che si riempirà il PalaMacchia ma… Chiunque vada a vederlo torna stupito e mi dice: guarda, non credevo. Piano piano la gente si appassiona. Poi ora spero di mettere il logo LL anche sulla maglia delle bimbe nonostante i tifosi della Pielle mi abbiano detto: no dai il Jolly, lascialo neutro”.
Cosa direbbe oggi babbo Roberto del Benvenuti Uomo e del Benvenuti Presidente?
“Dunque, un po’ mi prenderebbe in giro, parliamoci chiaro, perché lui poi era così, direbbe: ma cosa ti sei messo a fare… Però farebbe tante risate e poi sarebbe tanto orgoglioso e tanto contento, perché insomma, se ne parlava da piccino. Dicevo: babbo un giorno io avrò la Libertas. E lui mi diceva: Sì, sì. Certo. E sorrideva. Cosa vuoi che ti dica un babbo Diceva: Sì, sì, va bene, no? E alla fine…”
È successo…
La vita è strana, ne sono successo di tante belle e tante molto brutte. E poi, diciamo, nel momento brutto succede questa cosa qui. Ogni tanto è proprio strana la vita da questo punto di vista. Quello io dico: mai fermarsi ai sogni. Mai smettere di pensare e di sognare: un giorno si va in EuroLega, un giorno si vince lo scudetto… chissà. Ora come ora le condizioni non ci sono ad oggi, però sognare non fa mai male, ecco. Poi le cose arrivano. Se non avessi mai sognato nella mia vita non sarei dove sono”.
Bellissime parole. D’altra parte Lei ne è l’esempio vivente, no? Sognare si può e si deve e poi… può succedere.
“Si deve, poi se non succede, non succede, però a volte i sogni succedono. Uno si applica, si sbatte, ce la mette tutta… Poi io sono una persona un po’ ossessiva da questo punto di vista, quando mi metto qualcosa in testa sono un attimino testardo. Bisogna che tu proprio mi butti giù con i carri armati per fermarmi, ecco. Infatti a me l’unica cosa che m’ha un attimino fermata è stata la malattia, sennò…”
Avrebbe intrapreso altre strade?
“Se non ci fosse stata la malattia magari ero sempre lì che magari mi ributtavo a testa bassa nel business. E si vede che la malattia forse è servita un attimino per fermarmi, per ragionare un attimo e per far succedere anche queste cose che sono successe. Magari sennò ero sempre lì a sfilarmi con il lavoro che magari avrei fatto un’altra compagnia…”
Il Suo rapporto invece con capitan Fantoni?
“Ah, bellissimo. Ci siamo sentiti, ci siamo sentiti tanto. Lui ha fatto in modo di farmi avere due maglie… Io qui ho due maglie firmate della Libertas. Una dell’anno scorso, della promozione, e una di quest’anno e me le porto sempre dietro. Ce ne fossero in giro di Tommy Fantoni, sia come Uomo che come giocatore, ed è un altro che secondo me i cugini piellini ci invidiano un attimino…”
Lucarelli invece, si sente di dirgli qualcosa?
“Solo un grande in bocca al lupo perché insomma si merita anche lui tutto quello che si merita. Spero che l’infortunio sia totalmente passato e poi insomma, parliamoci chiaro, se la Pielle viene su è un bene, nel senso, ci metterei la firma a fare il derby in A2 l’anno prossimo. Farlo e chiaramente vincerlo perché vabbè i derby si vincono sempre noi eh. Se si guarda la storia, io di derby persi ne ho visti pochi in vita mia…”.
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