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Confsport: “Palestre e imprese sportive: con altalena di colori destinati al fallimento”

Mercoledì 13 Gennaio 2021 — 16:16

Il decreto rilancio e il decreto ristori, infatti, tenevano in considerazione solo il decremento di fatturato di natura commerciale, che per molte imprese sportive è uguale a zero

“Ci sentiamo abbandonati e nonostante Confcommercio faccia il possibile per farci arrivare ristori adeguati, per adesso non abbiamo visto molto”. Stefano Biagi (nella foto), presidente Confsport Confcommercio, esprime il disagio di tutta la categoria di palestre e imprese sportive.

“Gli aiuti ricevuti dallo scorso febbraio si contano sulle dita di una sola mano: 2000 euro dal decreto rilancio, 4000 euro dal decreto ristori, minimi contributi affitti dal Ministero dello Sport. Nel migliore dei casi abbiamo avuto 7.500 euro per tutto l’anno”.

Il decreto rilancio e il decreto ristori, infatti, tenevano in considerazione solo il decremento di fatturato di natura commerciale, che per molte imprese sportive è uguale a zero.

“Gli introiti degli abbonamenti servono infatti a mandare avanti le strutture e a pagare i collaboratori che, voglio sottolinearlo, sono professionisti competenti, sempre aggiornati a proprie spese, con un bagaglio importante di competenze sulle spalle e una grande passione per il fitness. I contributi per gli affitti delle strutture avrebbero potuto costituire una protezione importante contro il sicuro fallimento. Nel 86% dei casi, però, non hanno permesso di coprire nemmeno un mese di locazione, figuriamoci le spese fisse e quelle di manutenzione che normalmente vengono assorbite dalle entrate”.

Preoccupazioni condivise dal direttore provinciale Confcommercio Federico Pieragnoli: “Mentre il governo discute sull’effettiva possibilità di far riaprire, e con quali nuove restrizioni, palestre e imprese sportive, vorrei far presente che già solo l’altalena dei colori, con l’incombenza costante di nuove serrate da una settimana all’altra, comporta l’impossibilità materiale per la stragrande maggioranza delle strutture di aprire al pubblico. Riscaldare ambienti ampi, pulire, igienizzare, richiamare i collaboratori: per tutto questo occorrono soldi e tempo, e le prospettive non danno certezze di alcun tipo. Si rischia il collasso definitivo del comparto”.

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