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Pneumologia. Le “magnifiche 7” dottoresse, la “quota rosa” anti-Covid

Sabato 23 Maggio 2020 — 07:05

La squadra, capitanata dalla primaria Rigoletta Vincenti, è composta da Nolita Pulerà, Filomena Marrelli, Gloria Vichi, Ilaria D'Amico, Carmen Manta e Monica Picariello

di Giacomo Niccolini

Sono sette, sono donne, alcune sono madri, ma soprattutto sono dottoresse pneumologhe e insieme hanno fronteggiato a viso aperto l’emergenza Coronavirus rappresentando il fantastico “team rosa” del reparto di pneumologia, divenuto anti-Covid, dell’ospedale di Livorno. E’ questa la squadra condotta dalla primaria di Pneumologia dell’ospedale di Livorno e Massa, Rigoletta Vincenti. Dottoresse che durante questi due mesi e mezzo non si sono certo risparmiate mettendo da parte spesso e volentieri gli affetti, i figli e la vita personale buttandosi a capofitto, giocoforza, in un tunnel temporale che le ha trasportate dall’inverno alla primavera in un amen. La squadra capitanata dalla primaria Vincenti è composta dalle colleghe Nolita Pulerà, Filomena Marrelli, Gloria Vichi, Ilaria D’Amico, Carmen Manta e Monica Picariello e le potete vedere tutte raffigurate qua in pagina in questo collage che cerca in qualche maniera di render loro giustizia. Ad onor del vero in questo “dream team” tutto al femminile c’è anche un collega uomo, una quota azzurra. Ma in questa emergenza sanitaria il palcoscenico è tutto per loro. Per questa splendida rosa di professioniste che hanno dato tutto sin dai primi giorni di allerta.
“Era il 4 marzo – ricorda la dottoressa Pulerà – quando Livorno annunciò il primo caso. Da quel momento in poi ho vissuto in apnea fino ad oggi. Giovedì 21 maggio è stato il mio primo giorno libero in cui ho potuto fare un giro al centro commerciale, assaporare il mare e prendermi un po’ di tempo per me con la mia famiglia. Fino ad oggi la mia vita è stata casa-ospedale-ospedale-casa. Giorni, settimane e mesi in cui il pensiero inevitabilmente, 24 ore su 24, va sempre lì. E non nego che abbia vissuto, specialmente i primi giorni, con un po’ di apprensione di poter portare il virus tra i miei familiari. Così, per fortuna avendo una casa grande, mi sono ritagliata un pezzo di abitazione solo per me e praticamente non ho visto le figlie e il marito creandomi un isolamento volontario. Come me so che hanno fatto altre. Chi aveva la famiglia fuori città – racconta – ha preferito vivere a Livorno lontano dagli affetti per due mesi e mezzo. Adesso iniziamo un po’ a respirare. Il reparto, che si era trasformato in anti-Covid, si sta svuotando e stiamo tornando alla vita lavorativa normale, pre-emergenza, riniziando a trattare quei pazienti non Covid che, in questo periodo, venivano presi in carico dal reparto di Medicina Generale”.
Insomma dura è stata dura. Un’esperienza che rimarrà scolpita per sempre nella loro vita professionale e non solo. “Due sono state le componenti per me stravolgenti – spiega la primaria Vincenti – La prima è quella che riguarda i Dpi, gli ormai famosi dispositivi di protezione individuale. Entrare in reparto e lavorare con tutte quelle protezioni, se pur necessarie, addosso, per me è stato molto faticoso. Non è facile, da un punto di vista meramente pratico, effettuare il nostro lavoro con turni spesso raddoppiati, vestite come astronaute. E’ estenuante. In secondo luogo la componente umana. Non eravamo sicuramente pronti ad affrontare tutto ciò. Un’esperienza non prevedibile che ha comportato un isolamento assoluto che è stato scioccante per molti aspetti. Questo virus ci ha isolati fisicamente ma anche da un punto di vista di rapporti umani. E’ stato provante”.
Adesso la situazione si sta facendo più sostenibile ed il reparto inizia a tirare un sospiro di sollievo. “Da qualche giorno a questa parte la situazione si è sgonfiata molto – sottolinea la primaria Vincenti – giovedì 21 maggio avevamo 5 pazienti ricoverati, ma c’è stato un periodo di picco, intorno a fine marzo e ai primi giorni di aprile, che il reparto anti-Covid contava 35 persone in Pneumologia, 15 in Malattie Infettive e una decina in Rianimazione. Adesso come potete quindi capire iniziamo a respirare un po’. E questo ci fa solo che piacere”.
“Come dice? Se abbiamo avuto paura di contagiarci? Certo, la paura c’è sempre. Anche per noi professionisti. Ce la portiamo sempre dietro, nonostante tutte le precauzioni. C’è la paura per noi e per chi ci sta intorno – specifica Vincenti – Poi chiaramente dipende dai caratteri personali. Ma quello che posso dire delle mie colleghe è che hanno operato con grande professionalità, senza mai abbassare la guardia. Poi in città abbiamo avuto fortuna che il fenomeno non ha mai preso una piega sconvolgente. Abbiamo tenuto duro. Bravura? Non saprei dirle, sinceramente la medicina ci è venuta incontro. Adesso abbiamo molte più armi per combattere il virus ed è, ad oggi, un virus stanco che ha perso potenza e cattiveria. Tra le nostre armi a disposizione ci sono le terapie con il plasma e il farmaco sperimentale portato avanti dall’equipe del dottor Capochiani che ha dato ottimi risultati. Le cure si sono affinate molto in queste ultime settimane”.
Un altro aspetto che ha aiutato molto in questo frangente è stata la tecnologia, è così? “Confermo. L’utilizzo di tablet e smartphone per poter effettuare video-chiamate con i parenti dei pazienti ha consentito di sviluppare quel lato umano di affetto e tenerezze che inevitabilmente con questo isolamento forzato sarebbero venuti meno. E in questo senso devo dire un grande grazie – conclude la primaria Vincenti – ai tanti che hanno effettuato donazioni in questo ambito tecnologico. Abbiamo avuto un enorme apporto di solidarietà che ci ha riempito il cuore. Un consiglio per tutti? Mantenete ancora le distanze di sicurezza e utilizzate le mascherine là dove non potete mettere in pratica il distanziamento sociale. Sono metodi semplici da attuare e sicuramente efficaci per evitare il contagio”.

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