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Intervista alla figlia del Che Guevara. “Voi e noi latinos molto simili”

Venerdì 15 Dicembre 2017 — 09:55

Aleida Guevara, figlia di Ernesto "Che" Guevara, ospite al circolo Arci di Colline per parlare del progetto "Operacìon Milagros". Quilivorno.it l'ha intervistata. "I livornesi ed i latinos sono molto simili. Gesticoliamo, siamo passionali ed in grado di trasmettere amore intenso e odio tremendo"

di Filippo Ciapini

“Il “Che” ha rotto le frontiere, Josè Martì diceva che chi vede una virtù in un altro uomo è perché la possiede lui stesso. Se è così abbiamo un futuro davanti a noi. A Livorno ho conosciuto quel calciatore che quando segnava mostrava la foto di mio padre (Cristiano Lucarelli ndr)”. Con queste parole Aleida Guevara  medico pediatra, autrice di diversi libri, militante del partito comunista cubano, membro del centro studi “Che Guevara” e figlia di Ernesto Guevara – ha chiuso il suo discorso al Circolo Arci di Colline, dove è stata ospite il 14 dicembre al fianco di Marco Solimano e davanti ad un folto pubblico, per raccogliere fondi in favore della Fondazione “Un mondo migliore è possibile” da destinare al Centro di Oftamologia “Dr. Ernesto Che Guevara” a Cordoba in Argentina. L’incontro si è aperto con un omaggio musicale ‘Hasta Siempre, Comandante’: Giulia Tubino accompagnata alla chitarra da Federico Silvi.
Arrivata fra gli scroscianti applausi dei presenti, la primogenita del leader della rivoluzione latinoamericana ha presentato il progetto “Operazione miracolo in Argentina”, che si occupa di costruire ospedali specializzati in Argentina in modo da offrire sanità gratuita ai richiedenti, specialmente quelli affetti da cecità.
“I livornesi ed i latinos sono molto simili – ha detto – gesticoliamo, siamo passionali ed in grado di trasmettere amore intenso e odio tremendo”.  Durante l’incontro sono state toccate diverse tematiche attuali come l’immigrazione, la sanità e l’educazione pubblica con Quilivorno.it che ha poi ottenuto di fare qualche domanda alla signora Guevara.

Aleida, che cosa è il progetto “Operacìon Milagros”?
“E’ un programma che abbiamo creato tempo fa insieme a Fidel Castro e Hugo Chavez, persone che ritengo siano venute dal futuro. Tutto nacque quando eravamo nel cosiddetto “terzo mondo latinoamericano” per il progetto Yo si puedo che, sostanzialmente, si trattava di un processo di alfabetizzazione non solo delle lingue dei Conquistadores (spagnolo, portoghese, francese etc..), ma anche di quelle autoctone. Ci siamo resi conto che la maggioranza delle persone era affetta da cecità. Ci siamo subito mossi per risolvere questo problema e, insieme a Fidel, abbiamo creato questo progetto chiedendo ai nostri medici cubani se fossero stati in grado di operare tantissime persone al giorno. Loro hanno subito accettato, a Cuba siamo fatti così, la solidarietà è sempre stata dentro di noi, i primi tempi la media delle operazioni era di 200 persone al giorno”.

E poi cosa è successo?
“Inizialmente i collegi medici elitari hanno rifiutato il nostro progetto perché noi operavamo gratuitamente e, di fatto, toglievamo loro clienti che, fondamentalmente, non avevano soldi per pagare le operazioni. Nonostante questo però, i cubani, gracias a mi papà ed alla sua rivoluzione, hanno degli impegni forti nei confronti degli argentini e hanno continuato a sposare questa causa, arrivando finalmente a costruire una parte dell’ospedale oftalmico chiamato Dr. Ernesto “Che” Guevara, a Còrdoba, in Argentina. Adesso servono altri fondi per costruire il secondo piano dove verranno allestite, per esempio, sale per la formazione, anch’essa gratuita, del personale paramedico”.

Cambiamo argomento, il rapporto tra Cuba e gli Stati Uniti è sempre stato particolare. Cosa pensa del presidente Trump?
“E’ un presidente impresentabile, se vuole mettere le frontiere faccia pure, a patto che restituisca ai messicani quello che in passato li è stato tolto. Gli Usa hanno sempre avuto il vizio di prendersi sempre tutto, si sono presi pure l’appellativo di “americani”, in realtà siamo tutti americani, per esempio gli afroamericani dovrebbero chiamarsi afrostatunitensi. Trump non è degno di essere presidente”.

Una delle tematiche più attuali affrontate da Trump e da tutto il mondo è l’immigrazione.
“Vedi, uno degli ideali di mio padre era l’uguaglianza e il rispetto di tutti gli esseri umani. Facendo un esempio, quanti cognomi argentini sono simili a quelli italiani, quanti italiani sono emigrati in Argentina? Molti europei dovrebbero andare nei paesi dove veramente le persone muoiono di fame, dove nonostante non abbiano niente riescono comunque a comprendere la ricchezza della vita. Possiamo imparare molto da loro. Anche in Italia parlate sempre di immigrati che vi rubano il lavoro e situazioni del genere, ma secondo me il vero “problema” siete voi”.

Cioè, può spiegarsi meglio?
Vi stanno privatizzando tutto da l’educazione alla sanità, è molto triste questa cosa, dovete svegliarvi. Noi abbiamo bisogno di voi, dovete avere la forza di reagire e l’odio non è di certo una soluzione. Ognuno di noi ha dentro di sé un gene nero, gli spagnoli per secoli sono stati sotto l’influenza araba, siamo tutti uguali ed è brutto scaricare i problemi su chi viene qua per cercare di migliorare la propria vita, non provate mai a mettervi nei loro panni?”.

Dove è radicato, quindi, il sentimento di paura che spinge ad odiare “lo straniero”? Quali sono le possibili soluzioni al problema? 
“La disinformazione è il vero problema della xenofobia, il non approfondire una notizia crea paure ridicole. Prendiamo il caso della Libia, nessun telegiornale dice che la Libia era il paese arabo con il maggior livello di scolarizzazione creato grazie alla scuola pubblica, non ti dicono che Gheddafi aiutava le famiglie appena sposate garantendo loro un tetto. In Libia sì, c’è il petrolio, ma c’è anche la più grande quantità di acqua potabile nel sottosuolo, un tesoro che attira le multinazionali come gli Stati Uniti. Screditando questi paesi attraverso la disinformazione è normale, poi, essere indirizzati a dire che lì c’è il terrorismo e ci sono solamente cose pericolose. Soluzioni? Dovremmo creare ponti solidali oppure esigere piani di sviluppo sociale, l’importante è che si faccia tutti insieme perché il potere è del popolo, non possiamo essere forti se non siamo uniti”.

 

 

 

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