Basket, Loschi dalla B alla Promozione. “Fortezza? Una scelta di vita”
Dalle stagioni in maglia Pielle all'ultimo campionato in B2 con La Spezia fino a questo triplo salto mortale all'indietro nella categoria "Promozione" in maglia Fortezza Basket. Federico Loschi spiega la sua scelta di vita e la sua nuova scommessa cestistica. Il giemme Lorenzo Biagi: "Federico lo sa, è un progetto di due o tre anni e l’ha abbracciato con entusiasmo. Nei primi allenamenti si è già fatto notare come uomo gruppo e di spogliatoio, senza far pesare la sua carriera o la sua esperienza"
di Alessio Ramagli
Tiratore da tre punti, continuità di rendimento e leadership dentro e fuori dal campo: Federico Loschi è tutto questo e molto di più. Alcuni dei compagni con cui ha condiviso lo spogliatoio lo descrivono come un punto di riferimento, un esempio da seguire, una fonte d’ispirazione per tutti, giovani e meno giovani.
Federico Loschi, classe ‘90, originario di Treviso, dopo anni di settore giovanile della Benetton, ha intrapreso una carriera da vero giramondo del basket italiano, vestendo le maglie di alcune delle piazze più blasonate del panorama nazionale: Brescia, Verona, Trieste e la stessa Livorno, sponda Pielle.
Nonostante negli ultimi tempi il pensiero di appendere le scarpe al chiodo gli si fosse palesato più volte, Federico ha scelto di rimettersi in gioco, firmando con la giovane ma ambiziosa realtà del Fortezza Basket che da quest’anno milita in Promozione. Un triplo salto mortale all’indietro considerando l’ultima stagione giocata in maglia La Spezia in B2.
Che si tratti della sua “last dance” o meno, per gli amanti della palla a spicchi sarà comunque un piacere poter continuare ad ammirare la sua classe cristallina in questa stagione che partirà questo sabato 11 ottobre con la prima trasferta in calendario a Ghezzano.
Ma come nasce il “progetto Loschi”? “Mi arriva sta chiamata mentre ero in Sicilia con la mia ragazza — racconta Lorenzo Biagi, giemme del Fortezza Basket che ci spiega la pazza-folle e bellissima idea di come è nato l’accordo con Loschi — Era la mattina del 17 settembre. Mi chiama un ragazzo con cui mi ero già sentito tempo fa per farlo venire da noi, ma quest’anno non gioca. Mi dice: Non ti chiamo per me, ti chiamo per Federico Loschi. Io all’inizio pensavo mi stesse prendendo in giro. Da lì, la sorpresa si è trasformata in una chiacchierata di 40 minuti che ha cambiato il corso della stagione. Mi spiega che Loschi vuole rimanere a Livorno, che cerca un progetto coinvolgente, qualcosa in cui poter credere anche in prospettiva. Così gli dico: Girami il numero, lo chiamo io. E da subito c’è stato feeling: una conversazione molto diretta e spontanea. Io gli ho spiegato la nostra idea, un progetto pluriennale, non limitato a questa stagione — perché la squadra, già adesso, è molto forte e può vincere la categoria”.
A quel punto Biagi chiama Gaetano D’Alessio, socio e cognato, per chiudere la trattativa: “Gli ho detto: Gae, qui c’è la possibilità di prendere Loschi. Io sono in Sicilia, vai a incontrarlo e chiudiamo. E così è stato. Gaetano lo vede, parlano, poi Federico ne discute a casa e nel giro di una giornata era tutto fatto”.
Un colpo costruito sulla fiducia e sulla visione di lungo periodo. “È chiaro — prosegue Biagi — che si basa tutto sulla volontà di fare una scalata che magari ci porti tra due anni in Serie C, e averlo ancora con noi. Federico lo sa, è un progetto di due o tre anni e l’ha abbracciato con entusiasmo. Nei primi allenamenti si è già fatto notare come uomo gruppo e di spogliatoio, senza far pesare la sua carriera o la sua esperienza. Un grande professionista”.
E ora parola al protagonista: Federico Loschi. Le tappe fondamentali della sua carriera, la scelta di stabilirsi in città e molto altro nell’intervista che ci ha rilasciato.
Poco più di una settimana fa è stato reso pubblico il tuo approdo in Promozione al Fortezza Basket. Quali motivazioni ti hanno spinto a compiere questa scelta?
“Mi piace definirla una scelta di vita. Dopo anni di continui spostamenti, io e la mia famiglia abbiamo deciso di stabilirci definitivamente in città. Quando si è presentata questa opportunità non ho esitato un attimo ad accettare”.
La società ha sempre mostrato grande ambizione nel voler raggiungere traguardi importanti. Hai percepito anche tu questo spirito?
“Fin dal primo contatto con la società è emersa la loro volontà di non porsi limiti sotto il profilo dei risultati sportivi. A Livorno sarebbe stato difficile trovare una realtà così ambiziosa e allo stesso tempo così attenta alla crescita dei giovani, che considero da sempre un valore aggiunto. Ho trovato fin da subito grande disponibilità e organizzazione”.
Facciamo un salto indietro. Hai mosso i tuoi primi passi nell’allora rinomato vivaio della Benetton Treviso. Quanto di quell’esperienza ti sei portato dietro negli anni?
“E’ stata una tappa fondamentale del mio percorso. Ho avuto il privilegio di lavorare con alcuni dei migliori maestri dell’epoca in una società che, per strutture, staff tecnico e professionalità probabilmente non era seconda a nessuno.”
Non possiamo non citare il tuo triennio bresciano, durante il quale hai avuto modo di collaborare con coach Diana, oggi alla Libertas. Quanto ha inciso su di te, sia umanamente che professionalmente?
“Il fatto che adesso sia a Livorno mi permette di vederlo spesso. Lo considero un amico a tutti gli effetti per la persona che è ancor prima che per le qualità da allenatore. E’ sempre stato un punto di riferimento durante le esperienze che abbiamo condiviso. Gli auguro il meglio, soprattutto nella sua città natale”.
Hai vissuto con la triglia sul petto per due anni. Hai un aneddoto legato a quell’esperienza che ricordi con piacere?
“Il primo ricordo che ho è la grande vicinanza ricevuta ancor prima del mio arrivo in città. Aprendo i social, trovai numerosi messaggi di affetto dalla tifoseria. Era la prima volta che mi capitava, neanche in A2 avevo mai vissuto una cosa simile. È una piazza bellissima che ti fa sentire il suo calore in ogni momento”.
Il secondo anno è stato molto complesso, tra infortuni e quella beffa ai playoff. Federico Loschi, dopo due anni, si è dato una risposta su ciò che avvenne in quella post season?
“Col senno di poi, credo sia stato fatto un lavoro straordinario, al di là del risultato finale. Più che la delusione, preferisco ricordare il percorso quasi miracoloso che costruimmo giorno dopo giorno in palestra”.
Dopo anni in cui hai girato l’Italia in lungo e largo, hai deciso di stabilirsi nella nostra città. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta e che tipo di legame hai instaurato con Livorno?
“Con il tempo io e la mia famiglia abbiamo imparato ad apprezzare le bellezze labroniche. E’ una città diversa dalle altre, la tipica città di porto: la gente è aperta, molto accogliente, e questo ci ha fatto sentire a casa sin dal primo momento. Portare i bambini al mare l’estate e camminare sul viale Italia sono diventate priorità della mia vita”.
Hai disputato dieci stagioni in serie A2 senza mai approdare nella massima serie. Possiamo definirlo l’unico rimpianto della tua carriera?
“Personalmente non ho nessun rimpianto. Ho sempre scelto realtà che mi volessero fortemente e in cui potessi avere un ruolo significativo. Sono contento di quello che ho fatto e non cambierei nulla”.
Infine, guardando al futuro: come ti vedi una volta appesa la maglia al chiodo? Sempre nel mondo del basket o pronto ad esplorare nuovi orizzonti?
“Mi piacerebbe restare all’interno di questo mondo, magari proprio qui. Dopo quindici anni di vita da giramondo voglio dare priorità alla mia famiglia”.
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